In un comizio a Golasecca Bossi è tornato a parlare di secessione. Secondo lui il problema della crisi si risolve andandosene dall'Italia, attaccandosi magari alla Svizzera. Ma non è dell'idea che vorrei discutere, è di come l'idea sarà valutata dalla Lega del nuovo corso guidata da Maroni. Non mi pare che Maroni sia della stessa opinione di Bossi. Un bel conflitto di pareri, che certamente non giova al rinnovamento e alla credibilità.
Vittorio Cartabbia
A proposito di secessione, Maroni probabilmente non l'ha mai pensata come Bossi, pur dichiarandosi a ogni occasione d'accordo con Bossi. Maroni era ed è realista. Sa che si possono sventolare (con sobrietà) gli slogan, ma che la via pratica da seguire per conquistare il potere (per non perderlo del tutto) è un'altra.
Difatti la Lega è andata al governo ed entrata in tante istituzioni per la strada democratica. Il resto, dall'ampolla del Monviso in giù, è folclore. Che Bossi si dedichi ormai a una corsa solitaria (sostenuta da un ristretto gregariato) dentro la Lega, è con evidenza dimostrato dalla cancellazione del suo nome dal simbolo del partito.
Figuriamoci in quale conto la nuova gestione, cioè Maroni, può tenere una sortita secessionista. In nessun conto. Ma in nessun conto tengono ormai questa e altre boutade anche i residuali elettori potenziali della Lega, che sono palesemente stufi -come ha dimostrato l'ultimo risultato amministrativo delle urne- di chiacchiere fini a se stesse. Ma che Bossi possa avere simili sussulti d'orgoglio si può capire: a un fondatore destituito è concesso di tutto, e gli si perdona di tutto. Quel che non si capisce, è l'accondiscendenza ch'egli trova presso dirigenti d'alto rango della Lega che, anziché dargli ragione, gli dovrebbero dire: guarda che hai torto. Glielo dovrebbero dire nell'interesse suo e nell'interesse del partito. Ma o non trovano il coraggio di dirglielo o non hanno la convenienza a farlo. Un giorno scopriremo la verità, anche se (francamente) c'importa nulla di scoprirla.
Max Lodi
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