Nelle ultime settimane la politica locale si è impegnata in una campagna contro la proliferazione delle sale da gioco. Per chi ha bisogno di consolidare o di farsi un'immagine di protettore dell'integrità morale dei giovani (e non solo), può essere una buona tattica.
In chi invece, più che dell'immagine, si preoccupa della concretezza, questa campagna desta qualche perplessità. Le sale da gioco sono un caso classico di "tutto o nulla". Se vogliamo veramente proteggere le persone psicologicamente deboli dalla sirena del gioco a soldi, dobbiamo attivarci per cambiare le leggi e tornare a vietare in assoluto questo tipo di gioco. Il "no" va detto alla prima sala da gioco, non alla seconda, terza, quarta, o decima. Chi ha il vizio del gioco infatti non ne è certo dissuaso dal fatto che per raggiungere la sala da gioco debba fare due chilometri anziché duecento metri. E nemmeno è del tutto vero che avere una sala da gioco sotto gli occhi induce la gente ad entrarvi, e comunque, se così fosse, non si tratterebbe di ridurne il numero, ma se mai di confinarle in aree industriali o comunque scarsamente abitate, con gli strumenti urbanistici disponibili. Lo si faceva una volta per i postriboli, si potrebbe farlo benissimo oggi per le sale da gioco.
Quello che invece non si deve fare è proprio il vietarne la proliferazione. Infatti, più ce ne sono, e meno guadagnano, cosa che rende alla fine questo genere di business meno attraente. A meno, naturalmente, che non si abbia interesse a favorire i buoni affari dei primi arrivati...
Antonio Attanasio
Ha ragione, bisogna cambiare le regole. ma, nel frattempo, quanti si rovineranno?
Vittorio Colombo
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