Tutti i leader candidati sono pentiti di qualcosa. Berlusconi è pentito di essersi dimesso di aver votato i provvedimenti del governo Monti. Monti è pentito di aver messo troppe tasse e molte volte non selettive. Bersani è pentito di non aver avuto abbastanza determinazione cambiare il porcellum durante il governo Prodi. Casini e Fini sono pentiti di aver votato e sostenuto il porcellum. Grillo di avere scelto candidati talvolta non perfettamente alleati al suo pensiero. Ma quasi nessuno è pentito della vera causa del declino, la sottrazione sistematica di cento miliardi all'anno operata da una classe parassita; né di loro privilegi, prelievi indebiti, sprechi, congelamento della meritocrazia.
Francesco Degni
Non è un caso che gli ultimi sondaggi diano in crescita la protesta. Sale Grillo, sale Ingroia, non sale l'astensione che verosimilmente lì, in quell'area contestatrice, confluisce in grande misura. C'è la tendenza di una parte degl'italiani a privilegiare chi in Parlamento finora non c'è stato e non ha avuto frequentazioni col potere. La consistenza del fenomeno deciderà del dopo elezioni. Si chiacchiera molto di un'alleanza tra Bersani e Monti, ma un sorprendente esito elettorale (e ci sono molte probabilità che lo sia) potrebbe mandare all'aria il progetto. Tra l'altro Monti non è così convinto d'imparentarsi in Parlamento con Bersani: preferirebbe garantirgli un appoggio programmatico e dargli al Senato (istituzione di cui potrebbe diventare il presidente) il sostegno di voto in voto. Un modo perfetto per far durare la legislatura qualche mese e poi tornare alle urne con una nuova elegge elettorale. Ma con quali alleanze?
Max Lodi
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