Astenersi dal votare, come forse faranno oltre 10 milioni di italiani e io tra loro, significa rifiutare il metodo democratico. È una decisione radicale e controcorrente, soprattutto oggi che la democrazia è adorata ed esportata con vere e proprie guerre sante. Arrendersi alla democrazia e votare vuol dire far vincere i tanti, che non sono storicamente i migliori. È patetico, da parte dei democratici, lapidare dopo il tiranno, il corrotto o l'incompetente, che loro hanno posto a governare. Ma per capire tanta banalità ci vuole pensiero e coraggio, valori sconosciuti ai democratici ma che abbondano tra quei pochi e migliori destinati a non votare e a perdere contro la tirannica democrazia.
Guido Martinoli
La democrazia è imperfetta (largamente imperfetta), ma proprio per questo perfettibile. Dunque è quantomeno una speranza. Dire ch'è una tirannia di popolo, significa attribuire al popolo un difetto che la virtù del voto gli nega.
Dietro le scelte sta sempre un confronto, dietro il confronto la parificazione di quanti lo animano, dietro la parificazione un concetto di eguaglianza. Allora si può concludere che dove non ci sono padroni, tutti sono padroni? Dovrebbe essere così, ma non lo è (quasi) mai. Non solo: dove tutti sono padroni, bisogna fare attenzione che tutti non siano schiavi. Cioè: l'eguaglianza adottata inflessibilmente, e addirittura imposta, può portare a regimi come fu per esempio quello sovietico. La democrazia è un regalo dell'utopia al realismo, ma guai se il realismo si fa tiranneggiare (a proposito di tirannie) dall'utopia. Una via di mezzo esiste, è quella percorsa da questo Paese, e rimane la migliore per evitare danni peggiori.
Max Lodi
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