Ho ascoltato l'ultimo Angelus del Papa. Mi sono sentito come al termine di un pellegrinaggio. Quando si giunge a una meta gli occhi si rivolgono al passato per ricordare, per rimpiangere, cancellare. Ma anche gli occhi si fissano con stupore al traguardo per abbracciarlo e custodirlo. Così è, ripercorrendo la vicenda che ha portato alla scelta, per Benedetto, di una rinuncia (e non di un rifiuto). Un gesto di umiltà, proprio come quella kenosis che ha coinvolto il Figlio amato di Dio. Benedetto XVI è un uomo libero, franco, che rifiuta gli stereotipi e guarda in faccia la realtà. È un uomo che non ha paura, può anche sopportare la solitudine,l'esclusione, pur di non venir meno alla luce che gli si è accesa dentro. Gli dico di cuore: "Grazie".
Roberto Perodi
Il Papa ha chiuso sobriamente le sue apparizioni alla finestra del palazzo apostolico. Aveva poco e importante da dire, e non ha aggiunto di più. Si ritira ascoltando la voce della coscienza, che gli ricorda la difficoltà (l'impossibilità) ad assolvere ancora l'alto magistero pontificio; e se ne va obbedendo all'invito del Signore, che lo ha chiamato a un altro compito (a una diversa missione) nel finale dell'esistere. Pregare e studiare. Studiare e pregare. Due esercizi che evocano il silenzio. Una condizione così rivoluzionaria nella contemporaneità, da risultare incomprensibile ai cultori del chiasso. Anche del chiasso in versione sacra, che certo non manca. Benedetto continua il pellegrinaggio che dura da una vita, rimane nella compagnia fino ad oggi frequentata, conserva e pratica l'esempio dell'umiliazione (la kenosis), non cambia la meta del suo percorso. Cambia solo il modo per conseguirla.
Max Lodi
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