Dopo l'intervento di Napolitano, tanti si cimentano in un parallelo tra la situazione attuale e quella del 1976, vigilia del compromesso storico.
Ma Bersani non è Berlinguer e soprattutto Berlusconi non è Moro. Sto rileggendo, 35 anni dopo, le lettere dalla prigione di Aldo Moro che in uno dei tanti scritti rimasti nelle mani dei terroristi così si esprimeva: «Perché la verità, cari amici, è più grande di qualsiasi tornaconto. Datemi da una parte milioni di voti e toglietemi dall'altra parte un atomo di verità ed io sarò comunque perdente». Qualunque accostamento di Berlusconi a Moro suona persino blasfemo.
Roberto Caielli
Napolitano voleva semplicemente raccomandare responsabilità, pragmatismo, senso dello Stato. Ha usato un esempio storico per dare voluta enfatizzazione alla cronaca. Non per paragonare il presente al passato, ma per dire che il futuro non potrà prescindere da un presente che rinfreschi il passato. Sempre che il futuro interessi davvero a quelli che abbiamo votato. Perciò: impresa analoga sì, situazione identica no. Tantomeno i protagonisti. Ma i protagonisti in generale, non solo Bersani e Berlusconi. Gl'italiani di oggi non sono gl'italiani di ieri, e i loro (i nostri) rappresentanti risultano l'espressione dei rappresentati. Il Paese che siamo capaci di raffigurare è questo e non altro. Come comporre un diverso quadro alternativo? Trovando, o inventandosi, fantasia, competenza, coraggio.
Tre virtù di cui difetta la classe politica, e anche chi le ha permesso di costituirsi come tale. Ecco perché, prima o poi, non sarà sbagliato tornare a votare nella speranza del cambiamento di qualcosa, se non di tutto.
Max Lodi
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