Bossi ha smentito di voler andarsene dalla Lega e di formare una Lega nuova. Ma l'idea di fondare un'associazione culturale che si occupi di identità padana non sembra la scelta migliore, in questo momento. La Lega, se vuol sopravvivere, ha bisogno di riassorbire le contrapposizoni, no di esasperarle. Altrimenti si genera una confusione che ottiene l'effetto di allontanare invece che avvicinare quanti ancora credono nel suo ruolo.
Paolo di Benedetto
L'ha capito per primo Bossi, che s'è affrettato a chiarire la sorprendente vicenda con Maroni. Però Bossi resta perplesso sul metodo epurativo che sembra si sia deciso d'adottare verso gli oppositori del maronismo. Più che perplesso: stupito, contrario, irritato.
Non solo e non tanto per una questione di difesa di tizio o di caio, quanto per la scarsa lungimiranza dell'operazione. Il dissenso, se davvero lo si vuole contenere (eliminarlo del tutto è chimerico), va assorbito e non represso. Capito e non demonizzato. Usato (paradossalmente ma non troppo) per il meglio che può dare, e non respinto immaginando che sia il peggio del peggio. Maroni ha bisogno d'una Lega unita per davvero e non solo di facciata: solo con una tale garanzia è possibile governare a Milano e contare qualcosa a Roma. Bossi idem, per un motivo più ideale che pratico: vedere la sua creatura dare ancora segni di vitalità e non prossima a dissolversi dopo essersi frantumata. Insomma: il realismo (e uno zic di passione) suggerisce a Maroni di non fare a meno dei bossiani e a Bossi di non fare a meno di Maroni. Difficilmente la Lega derogherà da questa strada, consapevole che imboccarne un'altra significherebbe sbandare pericolosamente.
Max Lodi
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