Cara provincia
Lunedì 11 Maggio 2009
Onore alla fabbrica che non c’è più
Questa Como che langue è lo specchio fedele del destino della Ticosa
Il Padre Spirituale sottolineava la fatica e l’insalubrità di chi stava dall’altra parte e ci esortava a proseguire nella nostra strada luminosa e fortunata. Era il massimo dell’apertura sociale in una Chiesa Comasca già postConciliare. Poi, a distanza di una ventina d’anni, la sorpresa di un "Festival dell’Unita’" organizzato proprio in quel campetto a ridosso della grande Fabbrica. Vittoria di Pirro.
Poco dopo, come un lampo a ciel quasi sereno, cessò di produrre e venne smembrata. I privati si presero la polpa e la riconvertirono a loro piacimento, al Comune andò la rogna dei capannoni industriali che per anni sono stati un simbolo della deindustrializzazione cittadina. Costo zero per le casse comunali, non per il buon cuore del venditore, ma perché intervenne il debito pubblico nazionale e tutto finì in gloria.
Siamo ai giorni nostri. Fuochi d’artificio in cielo, il crollo dei capannoni sulla terra. Polverone tremendo per annebbiare il cervello? Mah, chi lo sa! Tutti giù per terra. Meglio, forse, «nella terra» e oplà, ecco il nuovo quartiere tirato su come si deve, in fretta e furia, senza troppi problemi. Bonifica invece che bonifici, che jella. L’amianto, porca miseria, si era andato a insinuare in tutte le macerie. Un bel problema. E il sottosuolo? Arsenico e quant’altro. Soldi, ancora soldi e chissà come finirà. Siamo al presente futuro. Sono i bollettini a parlare, a farci sognare, a renderci scettici. Chi vivrà vedrà. Onore alla Fabbrica che non c’è più.
Gianni Veronelli
"Sic transit gloria mundi". Possiamo chiosare così il suo "de profundis" sulla Ticosa, caro Veronelli. Quanto allo spettacolo, non si scorge più neppure quello. Resta l’eco lontana di quei botti frettolosi che fecero da colonna sonora ad un annuncio rimasto tale. Il presente è liturgia dei defunti. Coraggio, mentre la città langue, specchio fedele del destino della sua Fabbrica, procede la bonifica dell’area contaminata. Ne riparliamo fra qualche anno. Ma l’idea di rendere l’onore delle armi alle ultime vestigia di una Como che seppe essere grande non ci dispiace. Peccato che di quella città e di quegli uomini ci resti soltanto il ricordo.
Pier Angelo Marengo
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