In merito alle immancabili polemiche sulla sentenza della Corte europea in tema di crocefisso appeso in luoghi pubblici, il sottoscritto, radicale e profondamente religioso ma non cristiano, cresciuto negli oratori di Santa Romana Chiesa, per educazione e per rispetto al luogo di culto altrui, e solo per quello, quando entra in una Chiesa, si fa il segno della croce, con lo stesso spirito col quale potrebbe dire "buongiorno" al padrone di casa ed ai suoi familiari. Detto ciò, il crocefisso appeso in luogo pubblico a me non dà alcun turbamento. Completerei il quadro mettendo ai lati la foto di almeno un ladrone, quello mai pentito.
Roberto Gervasini
Un anno fa una sentenza giudiziaria stabilì che il crocifisso andava rimosso da un’aula scolastica di Valladolid. La Spagna zapaterista inneggiò al successo del principio di laicità. Ma c’era poco da festeggiare perché proprio in nome della laicità (cioè del sentimento popolare) il crocifisso giustificava la sua presenza in uno Stato di radici cristiane.
Le radici non sono qualcosa d’inventato all’occorrenza, ma qualcosa d’affondato in una storia plurisecolare. Per quel che riguarda la nostra - nostra d’europei - il crocifisso ne è un simbolo che va al di là del credere fideistico: rappresenta l’amore universale, l’umanità sofferente, il rifugio della speranza, il dovere di dare e quanto d’ulteriore risponda ai principi del vivere in armonia e pace con gli altri. Cioè dell’integrarsi con loro: con tutti loro, anche quelli che pregano un dio sconosciuto da queste parti. Sembrerebbe evidente (o no?) la valenza ecumenica del messaggio cristiano di salvezza. Esportato da Israele per il merito dell’apostolo Paolo, diventò “katholiké”, ovvero universale, e fu divulgato urbi et orbi nella convinzione che ciascuno andasse fatto segno di parole e gesti mirati al bene collettivo.
È noto qualche esempio migliore d’affratellamento delle genti, di perdono degli sbagli compiuti e di redenzione, di forza spirituale che compensa la fragilità materiale? Nel 2000 la Corte di Cassazione abrogò la legge fascista che imponeva il crocifisso nei luoghi pubblici, però non lo vietò. Fra le tante ambiguità normative di cui questo Paese dà quotidiana prova, l’aver lasciato la testimonianza distintiva del cristianesimo dov’era, mi pare la migliore. Un po’ difficile pensare d’accostare, al crocifisso in esposizione, un qualche simulacro dedicato ai ladroni: sono così tanti, che l’imbarazzo di sceglierne uno porterebbe alla paralisi decisionale. E ne soffriamo già fin troppo, d’impasse come questa.
Max Lodi
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