Cara provincia
Giovedì 19 Marzo 2009
Addio ai Robespierre: la politica non ci merita
Non c'è più posto per i coerenti, i sognatori, gli incorruttibili
Cara Provincia,
noi, i coerenti, gli incorruttibili, i sognatori, noi che abbiamo creduto fino all’ultimo nella nostra ideologia, che non ci siamo prestati a giochi alternativi né siamo scesi a compromessi.
Noi, i duri fino alla morte, forse ora abbiamo sbagliato tutto. Credevamo in un sogno mentre gli altri ci superavano, si guadagnavano i posti migliori e, beffardi, ci guardavano irriverenti e sdegnati!
Sta a vedere, ora penso, che noi siamo quelli fuori posto o fuori di testa? No, non c’è più spazio per persone come noi, diciamolo; addio, dunque, a noi irriducibili, onesti e romantici Robespierre della politica.
Franca Berardi
Lo spettacolo che ci viene offerto ogni giorno da questa classe politica non può che ispirare sentimenti di delusione e di rabbia. E questa è la parte condivisibile della sua lettera, gentile signora Franca. Sentimenti condivisi, dunque, che ci portano a dire che questa è una finta democrazia, in cui il cittadino elettore è marginalizzato da una Casta opportunista e predatrice. Peraltro c’è qualcuno che aveva previsto questo stato di cose e che già cinquant’anni fa scriveva così: «La politica (…) ha cessato da molto tempo di essere scienza del buon governo ed è diventata invece arte della conquista e della conservazione del potere». E ancora: «La bontà di un uomo politico non si misura sul bene che egli riesce a fare agli altri, ma sulla rapidità con cui arriva al vertice e sul tempo che vi si mantiene».
Parole profetiche, scritte da Luciano Bianciardi ne «La vita agra», che fu un best seller dell’ormai lontano 1962.
No, non c’è più spazio per i sognatori e per gli idealisti.
Ciò premesso, ci andrei adagio a scomodare un personaggio come Robespierre. Quella di "Robespierre della politica" è una definizione impegnativa. Significa identificarsi nel motto del principe della rivoluzione, che voleva «imporre la virtù anche con la forza».
In Cina ci ha provato Mao Tse Tung, che si dice fosse un cultore degli scritti di Robespierre. Mi perdoni, ma dov’è il romanticismo? Di norma chi nutre sentimenti così totalizzanti non finisce nell’oblio: finisce al patibolo.
Pier Angelo Marengo
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