Cara provincia
Giovedì 23 Aprile 2009
Bella Italia, paese indegno del suo passato
Bella Italia, paese indegno del suo passato
Com'è possibile che il nostro Paese, dai primissimi posti a livello mondiale nel turismo, sia rovinosamente collassato al 28° posto?
Provate a dare a me, a tutti i vostri lettori, una plausibile spiegazione di come un Paese come l’Italia, dai primissimi posti a livello mondiale nel turismo, sia rovinosamente collassata al 28° posto. Ogni città, fino ai più piccoli paesini sparsi sullo stivale ha storia, monumenti, reperti, musei, interessanti peculiarità, introvabili in altre parti del globo, dalle grandiose vestigia dell’antichità alle comunità rurali, con tutto quello che sta nel mezzo: le bellezze naturali, ineguagliabili in fatto di varietà, accessibilità e disponibilità.
Ho sentito alla tivù che durante la costruzione della ferrovia nuova tra Roma e Napoli ogni 500 metri si scoprivano resti archeologici di ogni era e cultura, da noi uno vuol fare un orto e può trovare reperti di ogni genere. Potremmo quasi solo viver di turismo, vivremmo quasi come in vacanza... tutto l’anno, potremmo fare a meno delle fabbriche, dedicarci a qualcosa di migliore, rivalorizzare l’arte, star meglio noi e offrire a tutti qualcosa da ben vivere per vivere meglio tutti. Però siamo finiti al 28° posto.
A chi dire grazie per questo tracollo? Chi ha causato l’impoverimento, l’abbandono, la cattiva considerazione del nostro più grande potenziale economico? Chi ha causato lo sfacelo del nostro patrimonio più grande? Chi permette le discariche nei boschi, le strade impraticabili per la cattiva manutenzione, pattumiere nel mare, eccetera? Chi permette che si intaschino fior di fantastiglioni per le speculazioni edilizie?
Menti illuminate (poche) hanno scritto che dal dopoguerra in poi in questo Paese è migliorata la vita di pari passo con il degrado di ciò che ci sta intorno.
Ettore Meroni
È singolare come l’Italia sia il Paese dei grandi architetti e degli scempi edilizi; della più creativa fantasia e degli orrendi graffiti urbani; della ricchissima storia dell’arte e della povera schiera dei suoi cultori; di straordinarie monumentalità paesaggistiche e di un ordinario oltraggio alla loro bellezza. È singolare ed è sconfortante. Non circola spiegazione capace d’interpretare un simile assurdo. Forse la sintesi migliore (e per noi causticamente corrosiva) la trovò tempo fa l’ex ministro francese della Cultura, Jack Lang. Disse: «L’Italia è come un signore che sa di avere sotto il suo campo una miniera di diamanti, ma preferisce coltivarci sopra patate e costruirci capannoni». Si riferiva alle vestigia del nostro passato, di cui il presente è semplicemente indegno. E il futuro, specialmente quello prossimo, non viene pronosticato in grado di riscattarlo.
Max Lodi
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