In un momento in cui migliaia di diseredati si riversano sulle nostre coste per non finire massacrati al paese loro, i potenti del vecchio continente oscillano fra il muscolare desiderio di bombardamento della Francia, memore del proprio recente colonialismo nordafricano, e la proposta colonialmente nostalgica di intervento da parte dell'Inghilterra o la sostanziale opposizione della Germania a fare alcunchè. Tutto ciò, come spesso avviene nella debole politica estera europea, senza di fatto arrivare ad alcuna conclusione praticabile.
La comunità occidentale condanna, si indigna, minaccia, pianifica ma non fa. E si può capire, non giustificare, l'immobilismo di chi non sa decidere di rinunciare ad una quota del petrolio disponibile ed abbracciare la causa umanitaria con provvedimenti che non siano pura aria fritta. Per fortuna, triste allocuzione, nel montare dell'onda di pressione dell'opinione pubblica e dei media sulla questione libica è montata anche l'onda dello tsunami e del terremoto in Giappone, aggravati dall'incombente minaccia nucleare che ha permesso ai governanti, in particolare a quelli da baciamano, di rilassarsi, scorgendo nella catastrofe giapponese una via di fuga dalle decisioni e dall'attenzione generale.
Gheddafi bombarda, ma non sapendo ancora chi deterrà i rubinetti del greggio si lascia fare, meglio puntare i riflettori sul Giappone dal quale filmati e testimonianze dirette strappano ondate di commozione.
Dalla Libia, in fondo, arrivano solo scarni servizi con indifferenziati personaggi muniti di kalashnikov che sparano in aria, la commozione si ferma alla pompa di benzina. Così il composto e silenzioso dolore dei giapponesi travolti dalla catastrofe coprirà il fragore dei bombardamenti libici, con buona pace di tutti.
E a noi Italiani questa "distrazione" che cosa costerà? Il ripristino della tassa sul macinato camuffata da aiuto umanitario o la reintroduzione della gabella come sostegno al federalismo?
Enzo Salvadori
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