Il 24 febbraio 1990 si spense a novantaquattro anni Sandro Pertini. In molti sono concordi nel definirlo il presidente più popolare della Repubblica italiana. Io lo intravedo come un punto di riferimento per i giovani, per l'insegnamento culturale e umano che ha dato in vita al nostro paese. Pertini è stato sempre socialista, esule in Francia nel ventennio della dittatura fascista dalla quale ha ricevuto numerose condanne e poi protagonista della campagna di liberazione dal regime. È stato il primo uomo di sinistra a diventare presidente della Camera, in un periodo molto difficile e anche negli anni di piombo non ha mai dimenticato la sua estrema umiltà e semplicità. Chi non ricorda il rapporto di Pertini con Enzo Bearzot ai vincenti mondiali dell'82 che ancora oggi rappresentano una delle immagini collettive più emozionanti dell'unità del nostro paese. Chi non ricorda il Presidente in piazza san Giovanni al saluto di Enrico Berlunguer il 13 giugno 1984. Servirebbe molto a questo paese, in un momento così difficile, il suo entusiasmo, la sua cultura e la sua umiltà. Nell'anniversario dalla sua scomparsa, il presidente manca ancora di più in questo infelice paese che si appresta a festeggiare il suo 150 compleanno.
Gennaro Gatto
Pertini fu eletto presidente nonostante il suo partito non volesse che lo fosse, preferendogli Antonio Giolitti. E però portò al suo partito, rivestendo quella carica, un prestigio che nessun altro avrebbe portato d'eguale nella prima Repubblica. Cose che capitano nella politica e nella vita. Pertini capì che doveva spogliarsi dei paludamenti istituzionali e scendere tra la gente, perché il solco tra Paese reale e Paese legale si stava pericolosamente allargando. La crisi della politica sarebbe esplosa alcuni anni dopo, ma l'incubazione era cominciata. Fu osteggiato, Pertini, per l'eccesso di critiche che rivolgeva al Palazzo, quasi che non ne fosse anch'egli un ospite (e che ospite). E gli fu rimproverato di offrire agl'italiani il populismo per riceverne in cambo la popolarità. Più semplicemente, Pertini era un uomo che coglieva prima di altri gli umori popolari, l'interpretava, ne metteva a parte la classe politica. E quando la classe politica dava segni di sordità, lui faceva più rumore per essere ascoltato. L'Italia gli è grata perché l'aiutò a esportare nel mondo una bella immagine di sé, e gl'italiani pure perché fece amare l'Italia anche a quelli di loro che non l'amavano. L'identità nazionale uscì rafforzata (se non riscoperta) dal suo mandato. Quell'identità oggi così perduta e svillaneggiata.
Max Lodi
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