Cara provincia
Lunedì 08 Giugno 2009
I giuramenti del premier e la politica
Nel 2009 pretendere un uso del verbo giurare nella sua accezione latina e secondo l’antico significato religioso, forse è un po’ troppo
Giurare sui propri figli non alza, ma abbassa la credibilità. E poi si giura su di sé, non sugli altri: in caso di spergiuro, come era previsto in certi capitolari alto-medioevali, a chi strappare la lingua? Il pericolo di tale pena oggi non c’è più, ma la sostanza non cambia: il verbo “giurare” conserva ancora, come nell’originario latino “iurare”, la sua valenza religiosa, e Berlusconi dovrebbe pensarci un po’ prima di usarlo.
Gianfranco Mortoni
Le parole mantengono sempre il loro significato originario o lo cambiano con il passare del tempo? Gli studiosi se lo son sempre chiesto, e tanto più da quando siamo entrati nell’epoca cosiddetta globale. La frammistione di civiltà porta infatti a un combinato di linguaggi che talvolta stemperano i significati dei termini provenienti da una cultura, dall’altra e dall’altra ancora. Li annacquano, li ripescano, li propongono sul mercato dello scambio verbale in una veste nuova. C’è chi auspica la creazione d’una lingua unica, mondiale, comprensibile a tutti. Risolverebbe molte difficoltà, eliminerebbe tanti equivoci. Si ribatte: nemmeno a pensarci, le specificità nazionali sono da preservare. Anzi, da preservare ancor di più sono quelle locali, dialetti compresi. Che c’entra tutto questo con il giuramento in genere e con quello berlusconiano in particolare? C’entra perché nel 2009 pretendere un uso del verbo giurare nella sua accezione latina e secondo l’antico significato religioso, forse è un po’ troppo. Ci basterebbe che venisse adoperato con parsimonia, come tutti i verbi (e le cose) importanti. Se invece l’utilizzo è frequente, sino a diventare inflazionistico, allora si finisce per distorcere ciò che il termine o il verbo voleva dire in origine. Siccome la politica è pronta a cogliere le derive della chiacchiera popolare, non desta meraviglia che si appropri di tali distorsioni e dia il suo contribuito a rafforzarle. Una volta i leader di partito si dannavano per inserire in un linguaggio immaginifico i messaggi che volevano far giungere agli elettori. Oggi questa fatica non gli è più richiesta: basta che vadano in giro ad ascoltare, o prestino orecchio a un televisore acceso su qualunque canale, per avere bell’e pronto un carnet terminologico sul quale basarsi nei loro appelli alle moltitudini. Berlusconi ha dimostrato d’esser il più bravo di tutti nell’adottare questa tecnica, e c’è da giurare che continuerà a servirsene. Non c’è invece da giurare che altri, tra quanti gli si oppongono, si comporteranno allo stesso modo. Sottovalutando che i fatti seguono spesso le parole e non il contrario.
Max Lodi
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