Cara provincia
Lunedì 31 Agosto 2009
Idiomi e dialetti, fastidi grassi di Ferragosto
Non è più tempo di dispute oziose: i problemi veri stanno per arrivare
ho trovato interessante la lettera del sig. Fabio Boscacci di Beregazz - Comm (così si firma) pubblicata lo scorso venerdì col titolo «Le lingue locali - patrimonio da difendere». Nella dotta disquisizione filologica circa l’etimologia del vocabolo "dialetto" il simpatico lettore scomoda i Greci, i Celti, l’Accademia della Crusca, gli Inglesi e finanche Alessandro Manzoni, peraltro clamorosamente dimenticando il nostro magico Riccardo Borzatta! Vorrei precisare al mio interlocutore che la paventata "estinzione dei dialetti" (preoccupazione che a suo dire sarebbe condivisa anche dall’UNESCO) è un falso problema.
Il termine corretto per identificare le lingue locali o dialetti che dir si voglia, è "idioma": qualsiasi buon vocabolario ne definisce peculiarità e limiti. L’Idioma è sic et simpliciter una varietà linguistica usata dagli abitanti di una particolare area geografica. Se ne deduce che per preservarli è più che sufficiente usarli quotidianamente in loco (dal macelàar o dal barbèe) senza necessariamente ricorrere all’insegnamento nelle scuole che già faticano a impartire buone lezioni dell’idioma più parlato: la lingua italiana.
Se poi per qualche "limatina lessicale" sia opportuno sciacquare i panni in Arno o nel Lambro è questione da affrontare a tempo debito.
Ci attende un brutto autunno e maiora premunt!
Carlo Crimella
Riempire i giornali d’agosto è fatica. La pagina bianca e vuota opprime più della canicola e, nonostante il quotidiano esca in foliazione ridotta, non è facile trovare argomenti degni di questo nome (cioé di farsi leggere). Ben vengano, sotto questo profilo, le sparate di Bossi in canottiera: per noi, sia detto in confidenza, talvolta sono di grande aiuto.
E’ il caso del dialetto nelle scuole, spinoso problema deflagrato nel pieno di un’estate oziosa (nell’accezione latina di "otium", cioé sano ristoro e salutare speculazione intellettuale) che ha trovato terreno fertile fra i numerosi cultori di queste lingue a torto considerate minori. E questo è di per sé indice di vitalità. Non vedo all’orizzonte cortei funebri per celebrare la morte imminente del dialetto: basta guardare al successo della nostra piccola rubrica, affidata alla penna di un Don Borzov (alias Riccardo Borzatta, per chi non lo sapesse) più smagliante che mai, a dispetto dellla colonnina di mercurio. Più che l’estinzione del dialetto preoccupa l’estinzione dei lavoratori occupati che lo parlano: i problemi veri stanno per arrivare e temo che da domani le dotte dispute accademiche saranno fastidi grassi.
Pier Angelo Marengo
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