Lo scandalo della telefonia e il presunto riciclaggio di quasi due miliardi di euro hanno riproposto la questione delle intercettazioni. La politica ha subito cominciato a fare dei distinguo sulla loro pubblicazione, e tuttavia ancora una volta è stato grazie alle intercettazioni che è affiorato un caso di cui probabilmente non avremmo saputo nulla con gli strumenti tradizionali di indagine. Il problema non è di eliminare o di ridurre le intercettazioni, ma di ridurre il malaffare della vita politica ed economica italiana: di eliminarlo invece penso che non vi sia verso, dato il crescente e inarrestabile numero delle vicende di corruzione e altro di cui abbiamo quotidiana notizia.
Giovanni Vanetti
E' vero che le intercettazioni non sono il cuore del problema. Il cuore del problema è un altro: è capire sino a che punto le ragioni della sicurezza si debbano imporre su quelle della privacy delle persone e dell'informazione generale. Ad ascoltare quel che la gente si racconta al caffè, sul treno, nei negozi in cui va a fare le compere, la maggioranza degl'italiani sembra disposta a sacrificare qualcosa della libertà personale in favore della sicurezza di tutti. Ben vengano, insomma, le intercettazioni purché aiutino a stroncare il crimine. Del quale, piccolo o grande che sia, non se ne può più. E soprattutto non se ne può più del crimine commesso nell'indifferenza della politica, se non con la sua partecipazione. Che poi alle intercettazioni vada posto un limite, affinché non diventino l'unico strumento d'indagine o comunque il più usato, è vero. Negli ultimi anni hanno subito un aumento ipertrofico, arrivando al quadruplicamento: ciò significa che se ne fa un eccessivo utilizzo, a meno di non pensare che la situazione (appunto) della sicurezza stia scivolando in una deriva sudamericana. Come si concilia il Paese più tutelato di cui parla il governo con questa pioggia d'intercettazioni causata dal fiorire di notizie di reato? Quanto alla pubblicazione di ciò che gl'investigatori ascoltano, ci si dovrebbe andar cauti, salvaguardare gl'intercettati che non c'entrano nulla con l'inchiesta in corso, e avere pazienza. Il diritto all'informazione rimane comunque salvo anche se veniamo a sapere in tempi più lunghi ciò dentro cui vorremmo sbirciare in tempi brevissimi. A voler correre troppo con le indiscrezioni -spesso fra l'altro rivelatesi di poco o nessun fondamento dopo aver messo alla berlina degl'incolpevoli- si rischia di perdersi in un polverone mediatico e basta. Che magari ci fa smarrire la lucidità necessaria ad avere un'opinione corretta sull'accaduto.
Max Lodi
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