Cara provincia
Giovedì 26 Febbraio 2009
La famiglia è l’unica cura anti solitudine
Un domani potremmo trovarci noi, anziani, deboli e soprattutto soli.
Di qualche giorno fa è la notizia dell’omicidio/suicidio di una coppia di anziani. Benestanti, ma forse tremendamente soli. Fa sempre specie, quantomeno ai più di noi, la decisione di porre volontariamente fine alla propria vita, forse proprio perché innaturale, dato l’istinto di sopravvivenza è innato in tutti noi e in quanto istinto primordiale difficilmente viene meno! Ma la cosa che colpisce ancora di più, sembra un paradosso ma forse non lo è, è l’età dei coniugi, 90 lui e 82 lei. È vero, forse appare ancora più tremenda e inaccettabile, la decisione di concludere a priori la vita da parte chi, il cammino in questo passaggio terreno, lo ha iniziato da poco. Ma viene da chiedersi davvero perché decidere di chiudere così la partita, a un passo dalla sua conclusione naturale, quasi che il peso della vita fosse così insopportabile da non poterla tollerare un secondo di più. I suicidi ci sono sempre stati in qualsiasi epoca, ma temo siano in aumento in maniera esponenziale oggi. Difficile sapere le motivazioni personali che spingono a una scelta così drammatica e definitiva e, passatemi il termine, "coraggiosa" (o forse è più coraggioso vivere?). Credo però che una delle cause odierne sia sociale: la maledetta solitudine, che quando sei giovane è più difficile che ti prenda, perché col lavoro, la famiglia, i coetanei o lo studio, sei nella maggior parte dei casi calato a forza nel sociale. Pensate a un anziano, senza la possibilità di confronti con l’altro, avviluppato giorno dopo giorno in una vita sempre uguale, nella quale i problemi, sempre gli stessi, sempre martellanti e irrisolvibili, almeno nella propria testa, non danno tregua. Tanti anni fa, rispondevo a monosillabi agli anziani che attaccavano bottone. Ora ne ho solo 40, ma intravedo cosa possa essere invecchiare, e se posso, mi fermo a parlare con l’anziano che cerca il modo di scambiare due parole con qualcuno. Perché un domani potremmo trovarci noi, anziani, deboli e soprattutto soli.
Ilaria Mascetti
La solitudine non ha età, la si vive da anziani e prima d’esserlo. A volte è un fatto positivo, tanto che la si definisce una "dieta dell’anima" poiché aiuta a sgravarsi di molto del superfluo che nella vita immagazziniamo. Ma a volte è d’una così totale negatività da rappresentare, come annotò lo scrittore russo-americano Vladimir Nabokov, il campo da gioco di Satana. Se fosse recuperato il modello della famiglia tradizionale ormai così poco seguito, forse quel campo risulterebbe impraticabile perché sotto continua squalifica.
Max Lodi
© RIPRODUZIONE RISERVATA