Cara provincia
Martedì 23 Giugno 2009
La fantasia ormai è sparita anche dal calcio
I talenti mancano e basta. Non c’è più un Mazzola o un Rivera o un Baggio, sono ormai dei pensionati azzurri Totti e Del Piero
Una volta eravamo famosi per essere il Paese in cui regna la fantasia, grazie alla quale si sopperiva alla mancanza di un certo senso della realtà. Dico che questo accadeva una volta perché adesso la fantasia ci viene a mancare proprio in un settore dove largheggiava, quello sportivo. Ho visto le ultime due partite della nazionale di calcio, contro Stati Uniti ed Egitto, e la sua mancanza è stata evidentissima: i reduci del vittorioso mondiale del 2006 correvano per quello che gli è ancora consentito, e i giovani che li affiancavano correvano di più, ma senza ottenere di meglio dei vecchi campioni. Mi sono ricordato dei tempi in cui avevamo geniali registi o, come li chiamava la critica giornalistica, fantasisti. Fantasia, appunto: ciò che rende la vita non solo allegra, ma anche costruttiva. Non ne abbiamo più. Lo si vede dal grigiore del calcio, lo si vede forse anche dal grigiore di molto altro. O mi sbaglio?
Lorenzo Bianchi
Non si sbaglia, caro Bianchi, a veder nero. Prendiamola alla larga per arrivare poi alla stretta dello sport: la cappa di grigiore (economico, politico, culturale e in definitiva psicologico) che soffoca il Paese consegue alle sue arretratezze, all’indecisionismo, al complesso d’inferiorità verso chi ci è superiore solo nel nostro immaginario, al mancato rispetto d’alcune regole generali del vivere civile e alla violazione d’altre del vivere istituzionale. Eccetera (non voglio annoiare). La fantasia non è solo un mezzo - talvolta usato - per aggirare queste regole; è anche un fine da perseguire per ottimizzare la partecipazione alla realtà. La fantasia è manifestazione d’ingegnosità, e senza l’ingegnosità non c’è Paese che abbia chances di sopravanzare, in qualunque settore si cimenti, un concorrente. Purtroppo l’ingegnosità che possediamo, spesso decide d’autoesportarsi perché qui sottovalutata e/o inutilizzata e il progresso nazionale va a beneficio di quanti con la nazione non c’entrano nulla. Del calcio non si può dire lo stesso, essendo pochi i talenti che sono emigrati. Il guaio è che i talenti mancano e basta. Non c’è più un Mazzola o un Rivera o un Baggio, sono ormai dei pensionati azzurri Totti e Del Piero, sconta un castigo infinito Cassano e altri non s’intravedono che possano succedere a qualcuno di costoro. A che cosa imputare la crisi dei fantasisti? Forse proprio al difetto di fantasia (in tal caso sta per intuito) nell’individuarli, allevarli, sostenerli, fiduciarli. Credere nei giovani è spesso considerato un vecchio modo di fare. Credere, poi: che verbo eccessivo in un Paese così difettoso.
Max Lodi
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