C'è qualche delusione tra i movimentisti che da sempre hanno sostenuto l'Italia dei valori. La decisione di allearsi con il Pd in modo più stretto, fa dubitare che possa essere mantenuto lo spirito delle origini e cioè la ferma avversione a qualsiasi compromesso politico. Adesso una mediazione dovrà essere per forza trovata. Di Pietro sostiene che non cambierà nulla, però il timore esiste. Per battere questo centrodestra rimane infatti fondamentale un centrosinistra ancorato a un radicalismo di sostanza, non di maniera.
Gino Canali
Di opposizione si muore, aveva detto Bersani. Di opposizione si muore, ha dichiarato Di Pietro in apertura del congresso dell'Idv. E' vero. Specie quando l'opposizione deve confrontarsi con una maggioranza solida e prevedibilmente vincente per ancora qualche tempo. Forse molto tempo. Non basta protestare, gridare, denunziare. Bisogna anche pensare a come proporre un'alternativa, e con chi se non con il Pd la può immaginare Di Pietro? E' ovvio che dovrà mediare su alcuni temi, ma le alleanze s'intessono solo così. E poi, sulle idee fondanti dell'Idv non ci saranno revisioni, semmai è arrivata l'ora di rivedere la maniera d'affermarle meglio di quanto finora non sia accaduto. C'è una larga parte della società civile disposta ad ascoltare, e magari a sostenere, un dipietrismo corretto nel segno dell'adeguamento alle regole pragmatiche: laici, liberali, cattolici, socialisti, frondisti di sinistra non più rappresentati in Parlamento cercano da tempo un interlocutore. Perché ignorarne le aspettative? E perché rifiutare la mano tesa di Bersani, giusto a proposito di realismo? Perché non stringere patti per un'elezione regionale che penalizzerà i partiti a forte componente carismatica (dunque quelli di Berlusconi e Di Pietro) e privilegerà i partiti a miglior caratura territoriale? Che la scelta sia opportuna lo testimonia la preoccupazione dell'Udc di Casini, sollecito a demonizzare l'intesa a sinistra prevedendo un danno alla diabolica politica dei due forni. Lo testimonia anche il consenso in rialzo dove meno ce lo si attenderebbe: quando una celebrità come Renzo Piano guarda (sembra guardare: tre giorni fa era in prima fila a una kermesse di Beppe Grillo a Parigi) con occhio benevolo a quest'area del contropotere, che cosa dobbiamo concludere? Che lo affascina un progetto giustizialista per l'Italia (ma va là, direbbe l'onorevole Ghedini) o che ritiene utile all'architettura politica del Paese (ma sì, potrebbe essere la risposta di tutto il Paese) costruire un centrosinistra immune da difetti di stabilità?
Max Lodi
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