La giornata del 25 aprile dovrebbe unire tutti gli italiani attorno al Tricolore e senza bandiere di parte, nel ricordo di chi sacrificò la propria vita per liberare il Paese dai nazifascisti. Spiace che ancora una volta questa festa sia stata accompagnata da divisioni e provocazioni che mostrano sempre più una Nazione lacerata a 150 anni dalla sua unità. L'esempio di chi fece l'Italia e di chi la liberò serva a tutti noi per ricostruire, soprattutto in politica, quello spirito di coesione nazionale, splendidamente interpretato anche in questa circostanza dal presidente Napolitano, che serve all'Italia per affrontare le sfide presenti e future.
Gianfranco Rota
Non è stata una sorpresa, l'ennesimo dividersi degl'italiani su valori che dovrebbero risultare condivisi. La sorpresa, in una giornata così simbolica, è stata il rumoroso dividersi del governo italiano su ciò che dovrebbe (deve) vederlo solidamente unito: la politica estera. E invece nella serata del 25 aprile abbiamo appreso dai telegiornali che una parte del governo la pensa in un modo e una parte in un altro. Abbiamo saputo che Berlusconi ha detto di sì a Obama che gli chiedeva d' uscire dagli equivoci e dai sotterfugi, e di dare la disponibilità dell'Italia a partecipare a pieno titolo all'alleanza che sostiene i ribelli libici anti Gheddafi; e abbiamo saputo che il partner più fedele di Berlusconi, la Lega, rispondeva che no, a quest'ulteriore passo non era disponibile. Un passo, tra l'altro, assolutamente prevedibile e logico. Perché o l'Italia si sfilava fin dall'inizio da quest'avventura bellica, seguendo l'esempio tedesco; oppure, una volta deciso di correrla, sapeva d'essere obbligata ad aderirvi seriamente, rispettando gl'impegni onorando la sua credibilità internazionale. Se si riconosce il capo del governo di Bengasi, lo si riceve a Roma, si forniscono armi e aerei all'alleanza, si effettuano incursioni, perché mai ci si dovrebbe rifiutare all'uso dei bombardieri in una guerra che è tale (che cos'è, di diverso?) e viene combattuta (si dice che venga combattuta) in nome della libertà? Per potersi vedere riconoscere un peso effettivo dagli alleati e partecipare alla future decisioni sul futuro della Libia, l'Italia non poteva e non può che agire in questo modo. E chi fa parte del governo deve assumersi sino in fondo le responsabilità che gli spettano. E' troppo comodo tirarsi indietro quando il momento si fa difficile. O meglio: ci si tiri pure indietro. Ma uscendo dal governo, non standovi dentro con un piede e fuori con un altro. Che senso dello Stato è questo?
Max Lodi
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