Egregio direttore,
ho seguito una trasmissione su temi riguardanti la politica, i costumi e la società. Gli ospiti erano politici, giornalisti e qualche opinionista. Parlavano di mafia e mi è rimasta impressa una definizione: «In Sicilia non cade foglia che la mafia non voglia».
Per completare questa spiegazione e illustrare la gravità e la complessità del problema mafia io aggiungerei «in Sicilia non si beve e non si respira se la mafia non aspira» (aspirare nel senso di volere). L’acqua potabile o irrigua, difatti, direttamente o indirettamente è controllata dalla mafia. L’aria è tolta a chi si oppone o si frappone agli interessi della mafia. Su come e quando è nata la mafia, come si è formato il sistema mafioso, la sua ideologia, diffusione, ramificazione ecc. è stato scritto un fiume d’inchiostro. Sappiamo che il fenomeno della mafia trae origini, inizialmente, da fattori soprattutto economici relativi al mantenimento dell’ordine sociale da parte della gran borghesia terriera collegata all’aristocrazia feudale siciliana. Dopo l’unità d’Italia esso assume una colorazione anche politica come reazione alle autorità amministrative e giudiziarie centrali, svolgendo un’azione rilevante sia sul piano elettorale sia sulle autorità per ottenere talora condiscendenza e tolleranza.
Un mio collega d’ufficio, siciliano, agli inizi degli anni 70 mi raccontò che anche ai tempi di suo nonno in Sicilia era consuetudine rivolgersi a un «capo cosca» per dirimere una controversia piuttosto che rivolgersi alle autorità istituzionali perché più delle volte queste risultavano lenti e inefficienti. Gradualmente e sempre di più la gente con il passare degli anni si rivolgeva ai capi cosca anche per chiedere un favore, un certificato, un posto di lavoro, una licenza ecc.
I capi mafia passarono in tal modo da mediatori di giustizia spicciola a personaggi di rilievo nella struttura sociale. Quando poi cominciarono ad avere quale obiettivo principale «fare soldi» e aumentava la richiesta di favori ai capi mafia, aumentava la loro influenza e implicazione in tutti i settori della vita pubblica e privata. I risvolti negativi della loro attività si è avuta principalmente nella collusione col mondo economico, politico e giudiziario del Paese ed un’infinita commistione d’interessi con i rappresentanti delle istituzioni. A questo punto uno direbbe: allora non c’è più nulla da fare? Dobbiamo arrenderci? No. Dobbiamo chiedere, tramite le sezioni di base dei partiti e dei sindacati, unitamente ai capi dei partiti politici di darsi delle regole di base uguali per tutti e anche, ove occorra, con apposite leggi. Speriamo che con il nuovo anno non dobbiamo più assistere a continui litigi tra le parti politiche per futili motivi. Auguri.
Martino Pirone
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