Da incriminare: chi per primo l'ha pensato, per primo l'ha detto, per primo l'ha scritto, e per primo l'ha divulgato; gli altri, cioè quelli che, arrivando secondi e, ripetendo, son pecore di gregge, lasciamoli perdere. Se uno viene a trovarsi nella condizione di essere un 'fratellastro', o una 'sorellastra' (vedi Jessica Pulizzi, di Denise Pipitone), che colpa ne ha? E, soprattutto, perché quel dispregiativo, associato alla parentela acquisita? Non venga qualcuno a dirmi che i due nomastri hanno pure loro ugual diritto di cittadinanza! Nella commedia 'Filumena Marturano' (di Eduardo De Filippo), non si fa distinzione fra i tre figli di F., anche se, eventualmente, fossero di padri diversi: figli e figliastri s'hanno da chiamare, tutti, semplicemente, figli. Altrettanto si faccia con 'fratellastro' e 'sorellastra': si chiamino, l'uno e l'altra, semplicemente: 'fratello', e 'sorella'. In entrambi i casi suona meglio: in umanità, e in resa di parola.
Gianfranco Mortoni
Ma sì, perché non essere d'accordo? Ed eliminare anche patrigno e matrigna, figliastro e nipotastro. E tutto quanto, in terminologia, s'allontana dal termine canonico, fondamentale e di riferimento. E vi si allontana non per amore di proprietà lessicale e di correttezza concettuale, ma per disamore verso quanto si va ad esprimere: fratellastro suona ben diversamente da fratello, e ciascuno capisce perché. Elias Canetti, celebre scrittore di lingua tedesca, spiegò che bisognerebbe sempre parlare come se quel che diciamo fosse l'ultima frase che ci è concessa. Dunque un parlare attento al modo, lieve nella forma (che è sostanza), aderente alla realtà e però guardingo nel non offenderla. Le parole, la loro sequenza, sono fatte apposta per unire e invece spesso dividono. E' una piccola tragedia della quotidianità. Piccola che poi diventa grande poiché le parole precedono o seguono i fatti e i fatti si pronunciano (si manifestano) con crudo pragmatismo. Dovremmo riflettere più di quanto non facciamo sull'importanza delle parole. Ce ne sono di logore -lo dichiarava già la Bibbia- e ce ne sono di dimenticate. Ce ne sono di leggere che si volgono in pesanti e viceversa. Ce ne sono forse troppe nel vocabolario dell'umanità e se ne adoperano troppo poche. Le solite, purtroppo. Ci dovrebbe soccorrere la fantasia. Anche la sensibilità. Soprattutto l'amore. Ecco tre parole in evidente disuso nella società più parolaia da quando è nato il mondo. Una curiosa contraddizione, dalla quale potremmo prender lo spunto per chiamarlo mondastro, l'appena citato mondo.
Max Lodi
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