Cara provincia
Sabato 21 Marzo 2009
Tutti gli sprechi nel nome della casta
Non s’arriva mai alle intese necessarie a una parziale rifondazione dei meccanismi di funzionamento dello Stato
Molti, anche fra i giornalisti, sparano nel mucchio criticando le spese e gli sprechi della politica. Spesso dimenticano però di citare casi concreti. Provo a citarne alcuni. Perché il governo in carica, nonostante ne abbia largamente i numeri, evita di portare avanti il progetto di legge che riduce il numero dei parlamentari? Eppure ha dimostrato, anche in un recente passato, di essere in grado di approvare provvedimenti urgenti nel giro di una settimana. Oppure l’eliminazione di questo spreco non è una urgenza ed è meglio, per Berlusconi, proporre di avere 1000 parlamentari e far votare solo il capogruppo? E ancora, perché non si dà seguito alla proposta di Franceschini di chiedere un contributo straordinario del 2% per un anno ai parlamentari e a chi percepisce, come loro, un reddito superiore a 120.000 euro all’anno? E ancora, perché la Lega si oppone all’enorme risparmio che deriverebbe al paese con l’eliminazione delle inutili province? E infine, perché si continua a tacere sullo scandalo degli stipendi pubblici negli enti e nelle municipalizzate?
Antonio Rubino
Più che sparare nel mucchio, i giornalisti fanno mucchio nello sparare sugli sprechi della Repubblica. Che sono in numero almeno pari a quello di chi ne denunzia il perpetuarsi. Purtroppo, nonostante il gran chiacchierare, non s’arriva mai alle intese bipartisan necessarie a una parziale rifondazione dei meccanismi di funzionamento dello Stato. In genere va così: chi sta al governo non s’azzarda ad apporre modifiche a un sistema che, per essere cambiato, dovrebbe per esempio disconoscere il voto di scambio eliminando le sue nefaste conseguenze. Chi sta all’opposizione critica quest’immobilismo strategico, ma lo fa per una convenienza tattica poiché - a parti e partiti rovesciati - s’è comportato allo stesso modo di coloro che censura. Ci basterebbe una sola assemblea legislativa; ci contenteremmo d’un ente in meno tra Regioni e Province oppure - mantenendoli in vita entrambi - d’un numero inferiore (assai inferiore) di consorzi e altro che gli somigli; saremmo dell’idea di pagare i nostri eletti come li pagano nel resto d’Europa e del mondo, e non il doppio o il triplo. Eccetera. Ma l’esperienza ci consiglia d’essere pessimisti sull’esaudimento di simili desideri. Idem a proposito dell’effettuazione del referendum assieme al voto europeo e amministrativo: si risparmierebbero molti quattrini, ma non una presenza consistente alle urne. Che gli avversari del referendum temono e perciò lo vogliono differire sperando in una diserzione dei votanti.
Max Lodi
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