Campione, il Comune più esoso
Pretende dal Casinò
più del doppio di Venezia

Il Casinò fallito: la casa da gioco nata per garantire il bilancio comunale

Prima che il banco saltasse, il Comune di Campione d’Italia pretendeva dal suo Casinò qualcosa come 34 milioni di euro all’anno, pari a poco meno del 40% dei ricavi annui della casa da gioco. Che siano anche - se non soprattutto - i conti onerosissimi dell’amministrazione comunale ad aver causato la voragine da 132 milioni di euro costata il fallimento della casa da gioco, non vi è alcun dubbio. Tanto che, proprio per evitare il dissesto, il consiglio comunale era pronto ad accettare un piano di rientro dal debito (pari a 44 milioni) spalmato su 10 anni con l’accettazione di un abbattimento del contributo annuale a meno di 3 milioni.

Il problema è che il Casinò di Campione d’Italia è stato autorizzato (come recita l’atto costitutivo) «al fine principale di consentire al Comune di conseguire il pareggio del bilancio». Un Comune le cui spese superano ogni anno i cento milioni. Da qui la necessità di ricevere i contributi della casa da gioco. Contributi che, fino a quando i tavoli verdi andavano a gonfie vele, non creava problemi ma che, da almeno il 2013 in poi, ha iniziato a erodere denaro.

Il contributo richiesto dall’ente pubblico proprietario a Campione è in assoluto il più alto rispetto a tutti i casinò italiani. Nel 2014 è stato addirittura del 53% più alto rispetto a quello garantito dalla casa di gioco di Venezia al Comune del lido. Con un’incidenza sui ricavi pari al 37% per Campione d’Italia e al 16% per quello di Venezia.

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