D’Angelo davanti ai giudici per usura
«Tutto per non pagarmi un debito»

Il commerciante d’auto a giudizio per due prestiti a un cliente della concessionaria. Lui si difende: «C’era un rapporto di fiducia. Il danneggiato sono io». La sentenza a marzo

Como

«Il danneggiato sono io». Si difende, in aula, Raffaele D’Angelo, l’imprenditore legato all’omonima concessionaria d’auto finito a processo con l’accusa di usura e e ingiuria ai danni di un altro commerciante, Rocco Peduzzi. Contestazioni, quelle mosse all’87enne imprenditore napoletano ma da sempre residente a Como, che si riferiscono ai mesi a cavallo tra il 2010 e il 2011. La vicenda è arrivata a processo cinque anni dopo anche per via del suo iter travagliato: la Procura aveva inizialmente chiesto l’archiviazione delle accuse, ma il giudice delle indagini preliminari aveva sollecitato un approfondimento delle indagini sfociato nel rinvio a giudizio avvenuto poco più di un anno fa.

Stando alle contestazioni D’Angelo avrebbe concesso due prestiti da 30mila e da 50mila euro a Peduzzi pretendendo in cambio - secondo l’accusa - tassi d’interesse usurai sottoforma di restituzione di caparre per contratti di compravendita immobiliare o assegni di valore superiore all’importo effettivamente erogato.

Ieri mattina, davanti ai giudici del Tribunale di Como, Raffaele D’Angelo ha reso spontanee dichiarazioni per replicare quanto già dichiarato nel corso dei suoi interrogatori e delle sue memorie difensive: «Il danneggiato - ha detto - sono io».

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