Hanno visto la loro amica inghiottita dalle acque del lago, al termine di un’immersione in fondo a viale Geno. Ora dovranno comparire davanti al giudice delle udienze preliminari per rispondere dell’accusa di omicidio colposo. La Procura di Como ha chiesto il processo i compagni di immersione di Paola Nardini, morta il 20 settembre 2013 all’età di 35 anni.
Quel giorno di fine estate il terzetto si era immerso nel Lario, destinazione -40 metri di profondità. La loro missione, però, andò oltre arrivando a toccare - stando a quanto ricostruito dalla Procura - i -56 metri. Troppo, secondo l’accusa, per il brevetto di cui era dotata Paola Nardini. Durante la risalita qualcosa è andato storto. La donna, che abitava a Tavernerio, si sente male a causa di un attacco di panico e di “ebbrezza di profondità”. Colpa anche di un’improvvisa perdita d’aria dalla bombola. I due compagni di immersione avevano tentato di riportarla in superficie, ma invano. Stando alle conclusioni della Procura quella tragedia poteva essere evitata. Innanzitutto - scrive il pubblico ministero nell’atto d’accusa - l’istruttore e, quindi, responsabile dell’immersione, avrebbe consentito alla donna di scendere troppo e, in fase di risalita, non avrebbe mantenuto il contatto visivo con Paola Nardini accorgendosi così troppo tardi di quanto stava avvenendo. L’altro indagato è accusato di non aver invece prestato immediato soccorso alla compagna di immersione. L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 15 ottobre.
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