Raid al campo di Albate
La Procura chiude l’inchiesta

In tre sotto accusa per furto e danneggiamento aggravato

Como

Ha continuano a negare di aver preso parte al raid vandalico, con tanto di furto, al centro sportivo “Gigi Meroni”. Ma la Procura tende a non credere a quel suo chiamarsi fuori, e così il pubblico ministero Massimo Astori ha deciso di chiudere l’inchiesta e formalizzare l’atto d’accusa contro l’unico maggiorenne protagonista - secondo la polizia - del raid del 26 febbraio scorso.

Ha 19 anni (ne aveva 18 all’epoca dell’incursione notturna al campo sportivo) e vive a Tavernerio il ragazzo che la Procura di Como ha formalmente accusato di furto aggravato e danneggiamento in concorso con altri due giovani, entrambi minorenni (ed entrambi già reoconfessi). L’unico maggiorenne ora ha tre settimane di tempo per presentare una memoria difensiva o per chiedere di essere interrogato e cercare così di finire davanti al giudice. Il giovane è stato il primo, del terzetto di presunti vandali, che i poliziotti della squadra volante della Questura hanno intercettato nelle vicinanze del centro sportivo la notte del raid. Ma, quando è stato bloccato, lui ha negato con forza di aver avuto un ruolo nella devastazione dei locali della sede dell’Albate Calcio. Hanno invece confessato i due minorenni, uno di Como l’altro di Senna, accusati pure loro di furto e danneggiamento: a trascinarli di peso in Questura sono state le rispettive mamme, le quali hanno sospettato fin dalle ore successive del possibile coinvolgimento dei figli in quel raid.

Il terzetto è accusato di aver fatto irruzione al Gigi Meroni la notte del 26 febbraio, riuscendo a rompere il vetro antisfondamento della porta che dà al bar del centro sportivo. Una volta all’interno i protagonisti del raid hanno distrutto televisori, computer, stampanti, imbrattato con vernice rossa le veneziane, devastato suppellettili (tra cui una lampada del valore di duecento euro), distrutto documenti, telefoni, mobili e hanno portato via denaro, bevande, oggetti. Stando all’atto di accusa formalizzato al diciannovenne di Tavernerio, i tre avrebbero rubato alcuni contanti dal registratore di cassa del bar, diverse bottiglie di alcolici, due fusti di birra del valore di quasi 200 euro, cibo per altri duecento euro, due panchine di ferro e un tavolo di legno.

Come detto il ragazzo protesta la propria innocenza. Dice che lui non ha nulla a che fare con quanto avvenuto il 26 febbraio scorso. Eppure i poliziotti intervenuti, dopo aver saputo che i possibili responsabili dell’irruzione stavano bivaccando in una struttura di legno realizzata in un boschetto non lontano, hanno trovato l’allora diciottenne (ragazzo del tutto incensurato) che si aggirava nel bosco accanto al “Gigi Meroni” con una bottiglia di liquore.

I due minorenni finiti sotto accusa, invece, sono stati costretti dai genitori a confessare ogni cosa. E, già nei giorni successivi al raid, agli agenti della Questura hanno detto: «Siamo stati noi. Abbiamo fatto una sciocchezza. Ci dispiace».

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