Associazioni e Caritas
«No alla chiusura
del centro migranti»

Lettera al sindaco: chiedono che lo spazio di via Regina Teodolinda venga utilizzato per le persone ai margini

Trasformare il campo di via Regina in un luogo di accoglienza notturna. Al posto della chiusura, annunciata entro fine anno dal sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, le associazioni della rete comasca degli enti e dei servizi per la grave marginalità, da Caritas alla parrocchia di Rebbio e a Incroci, immaginano un futuro diverso per la struttura governativa. Così, hanno scritto una lettera al sindaco Mario Landriscina: «Se la situazione della città non è più quella dell’estate 2016 – scrivono - è altrettanto vero che i respingimenti dalla Svizzera sono continui. Operatori e volontari dei nostri servizi incontrano ogni giorno nuove persone che chiedono di essere aiutate. La nostra è una città di confine ed è sempre stata luogo di passaggio per italiani e stranieri». Il numero delle persone è aumentato, incrementando la popolazione delle persone senza dimora.

«Chiediamo che il campo di via Regina non sia chiuso – aggiungono - ma, pur ridimensionato in conseguenza delle modificate esigenze, venga convertito in luogo di accoglienza notturna per tutte le persone senza dimora della città, sostituendo il servizio “Emergenza freddo” di via Sirtori e le cosiddette “tende”». E infine: «Ci è davvero difficile quest’anno decidere di continuare l’esperienza e l’eventuale aggiunta di posti letto nelle tende quando il campo di via Regina potrebbe costituire un unico spazio temporaneo di accoglienza, sostituendosi, almeno potenzialmente, ai luoghi di degrado o non idonei, in cui ora trovano riparo in città molte persone senza dimora».

Il vicesindaco e assessore ai Servizi sociali Alessandra Locatelli ribadisce la sua contrarietà alla proposta. «Non è praticabile - rimarca – Però, sul fronte dei senza dimora, stiamo per stringere una convenzione con l’Ozanam per l’ospitalità di sei persone. Più avanti, possiamo ragionare su un numero più ampio. Il nostro fine, anche guardando in prospettiva, è lavorare di concerto per costruire veri percorsi d’inserimento nella società per le persone ai margini».

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