Bimbi abusati, accuse al consulente
In Cassazione due casi comaschi

I giudici di Roma chiamati a pronunciarsi su due ricorsi legati ad asserite irregolarità dell’esperto dell’accusa

Un padre assolto - dopo essere stato condannato in primo grado - dall’accusa di aver abusato sessualmente della figlia. Un altro che chiede l’annullamento della sua condanna (sempre per violenza sessuale sulla figlia), con la Cassazione - che già aveva censurato passaggi dell’atto di accusa - chiamata a pronunciarsi sulla decisione di rigettare l’istanza di riapertura del processo.

Il delicatissimo tema delle indagini e dei processi che nascono dalle denunce di abusi all’interno di famiglie, soprattutto quando queste denunce coinvolgono anche minori, è al centro di due casi comaschi arrivati sul tavolo dei giudici della Suprema corte.

Il primo caso, quello dell’assoluzione di un papà che i giudici di Como avevano condannato a otto anni e mezzo, ma che i magistrati dell’Appello e la Cassazione ha assolto, riportando a galla un tema delicatissimo in queste vicende: il ruolo dei consulenti tecnici chiamati a sancire la veridicità delle dichiarazioni dei bambini presunte vittime delle violenze. In un paio di passaggi della sentenza. l’esperto del pubblico ministero era stato criticato, anche aspramente, dai giudici di appello per non aver rispettato la carta di Noto sulle audizioni di minori vittime di abusi.

Stessa accusa che aveva spinto la Cassazione ad annullare l’ordinanza con la quale il Tribunale di Brescia negava la riapertura del processo concluso con la condanna a sette anni e mezzo a carico di un imprenditore comasco, ritenuto colpevole della violenza ai danni della figlia all’epoca di appena due anni.

Dopo che la sentenza di condanna è passata in giudicato, il consulente dell’accusa era stato sottoposto a procedimento disciplinare da parte dell’Ordine degli psicologi perché, nel corso dell’audizione della bimba, avrebbe violato - anche in quel caso - le norme contenute nella carta di Noto. Il consiglio di disciplina aveva sanzionato il professionista. Ma secondo i giudici di Brescia - competenti per le richieste di riapertura dei processi, per i casi riguardanti i Tribunali sotto la corte d’Appello di Milano, qual è Como - quella censura non avrebbe influito direttamente sulla sentenza finale. Non così per i giudici della Cassazione, secondo i quali avevano notato come da un lato a Brescia la corte «aveva dato atto dell’assenza di imparzialità del perito, sia rispetto alla verifica della capacità a testimoniare della bambina, sia in ordine al proprio convincimento circa la sussistenza materiale delle condotte di abuso sessuale» ma dall’altro aveva concluso che i nuovi «elementi di prova non erano in grado di inficiare» la perizia.

Dopo l’annullamento, a Brescia hanno nuovamente respinto il ricorso. E la parola torna nuovamente alla Cassazione

© RIPRODUZIONE RISERVATA