Como, migranti di nuovo accampati nell’autosilo vuoto

La scorsa notte sessanta persone al Valmulini. In gran parte in transito, in attesa dei passatori

In lontananza, fra i rami degli alberi, s’intravede passare il treno delle Nord diretto verso il centro. Sono circa le 23.30 di giovedì sera: dopo aver percorso via Napoleona, all’autosilo arrivano gli ultimi migranti, con il loro sacco contenente le coperte e i propri effetti personali. Si fanno spazio vicino ai propri compagni di notte che chiacchierano fra loro, scrivono al cellulare o dormono. È il Val Mulini di notte, con l’illuminazione strabordante e i suoi piani semideserti. Ricorda un’imponente cilindro, che “accoglie” solo per la notte più di sessanta persone provenienti dall’Africa (le nazionalità sono varie: per citarne alcune Gambia, Guinea, Costa d’Avorio e Nigeria).

Negli ultimi giorni, complici alcune foto pubblicate sui social e il numero consistente delle presenze, è cresciuta l’attenzione circa una situazione forse non visibile a tutti, ma esistente e non da ieri. Affissi alle recinzioni metalliche posizionate da Csu e Comune, alcuni cartelli in francese e inglese invitano a tenere pulito e a fare la raccolta differenziata. Accanto, ci sono biciclette appoggiate, borse e alcune taniche d’acqua.

In crescita, ma piuttosto stabili, le presenze. A maggio, per esempio, erano una trentina, provenienti in gran parte dal Corno d’Africa, a passare lì la notte. Nelle scorse settimane si è toccato un punto massimo di 100, ma il giorno dopo ce n’erano quasi la metà. È sintomo di una mobilità intensa lungo le direttrici di Como, Ventimiglia e Brennero dove, con tutta probabilità sfruttando il fenomeno in grande crescita dei passatori, i migranti si spostano sperando di varcare la frontiera. Una cinquantina, invece, sono quelli “stabili”, mentre si contano una ventina di nuovi arrivi a settimana. Non tutti vogliono andare in Svizzera, non per forza. Per esempio, Nick, ragazzo nigeriano, è a Como da novembre e ora, insieme ad altri, passa la notte al Val Mulini. «Non sono stato accettato al campo della Croce Rossa – racconta – ho un permesso provvisorio. Non voglio passare la frontiera, l’Italia mi piace e voglio restare. La situazione attuale è difficile: nel mio paese dipingevo, mettevo le piastrelle ed ero giardiniere. Vorrei farlo anche qui». Fra gli altri, c’è chi ha finito il percorso di accoglienza e ha mancato l’ultimo passo verso la propria autonomia; ci sono i cosiddetti “transitanti”, “irregolari”, chi aspetta una risposta per la protezione internazionale. Altri hanno lasciato i centri di accoglienza dell’Italia meridionale e c’è chi, invece, ha ottenuto l’asilo e ora si trova a piedi, cioè in strada.

Appena aperto il centro di via Regina Teodolinda, un gruppo di volontari ha cominciato a girare per le strade, incrociando, da settembre, più di mille migranti. Alcuni sono ancora attivi e danno una mano a chi è costretto a passare la notte sotto il parcheggio: raccolgono la storia di ognuno e forniscono un primo orientamento per capire come portare ancora avanti il loro progetto di vita. Danno coperte, un kit igienico e fanno da mediatori con gli avvocati. Ogni mattina, inoltre, di concerto con gli “ospiti”, puliscono lo spazio. Nei 400 circa incrociati da maggio dai volontari, ci sono stati gruppi di minori respinti alla frontiera dalla Svizzera: in questo caso, sono accompagnati al centro di via Regina Teodolinda. Stesso discorso per le donne o le famiglie. Dalle 8 circa, all’autosilo non c’è più nessuno. In attesa di un’altra notte e, soprattutto, con il macroscopico punto interrogativo, qualora la situazione continuasse, di cosa fare quando s’abbasseranno le temperature.

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