Cronaca / Como città
Sabato 14 Marzo 2020
Coronavirus, il Ticino chiude le scuole
Controlli fitti ma le frontiere restano aperte
In arrivo regole più strette anche per le attività economiche. I dati aggiornati al 13m arzo: più di 1000 casi di Coronavirus accertati in Svizzera, 258 dei quali in Canton Ticino
Scuole chiuse in Svizzera e in Ticino fino al 4 aprile, ma frontiere aperte (al contrario dell’Austria che ieri ha chiuso 47 valichi minori con l’Italia), forti forse del fatto che - come ha precisato nel tardo pomeriggio il ministro ticinese Norman Gobbi - «rispetto a una settimana fa si sono registrati 40 mila passaggi in meno alla frontiera (da 68 mila a 28 mila)».
A metà dell’ennesimo pomeriggio particolarmente caotico, il Governo di Berna prima e quello di Bellinzona poi hanno provato a fare un po’ di chiarezza al rincorrersi di voci, mezze conferme e decisioni “in proprio” in essere da giorni, come quella assunta dal Consiglio di Stato (Bellinzona) di buon mattino, che - dopo le fortissime pressioni degli ultimi giorni - aveva già deciso di chiudere le scuole. Al di là delle dichiarazioni d’intenti della presidente (per il 2020) della Confederazione, Simonetta Sommaruga che ha parlato di “situazione critica” e di «necessità di limitare al massimo gli ingressi in Svizzera», le cose sono rimaste com’erano, scontentando un po’ tutti - un ragionamento a sé riguarda i 4200 frontalieri impiegati nel comparto della sanità ticinese - e obbligando di fatto le imprese a decidere in autonomia il “rompete le righe” con data da destinarsi, come avvenuto in Ticino da mercoledì in avanti. Nel Cantone di confine e in Svizzera potranno così entrare frontalieri (ovvero persone che varcano il confine per motivi professionali), cittadini svizzeri e persone con un permesso di soggiorno.
A questo a fronte (dati di ieri) di più di 1000 casi di Coronavirus accertati in Svizzera, 258 dei quali in Canton Ticino (con 7 decessi e con il primo caso accertato il 25 febbraio, dunque tre settimane fa). Vietate fino al 30 aprile le manifestazioni con più di 100 persone e nei bar e discoteche ammessa la presenza di massimo 50 persone. Il Governo di Berna ha messo sul tavolo 10 miliardi di franchi di aiuti. Spiegando i contenuti del provvedimento, il ministro federale della Giustizia, Kerin Kellen-Sutter (non è passata inosservata l’assenza del ministro ticinese Ignazio Cassis) ha spiegato - o almeno ha provato a farlo - la differenza tra l’ingresso in Svizzera per lavoro e quello per turismo. «Non tutti i frontalieri entrano tutti i giorni in Ticino. Anzi, sentendo l’Amministrazione delle Dogane, gli ingressi sono già sensibilmente diminuiti. E anche il turismo ha fortemente rallentato». Dichiarazioni di maniera, dunque, unite al concetto che «sono gli imprenditori che devono assumersi le proprie responsabilità e magari lasciare a casa le persone a rischio che provengono da oltreconfine».
La sensazione è che è Berna e Bellinzona stiano agendo in ordine sparso. Basti pensare che il presidente del Governo di Bellinzona, Christian Vitta, ha parlato di «misure restrittive per l’economia» - che dunque riguardano direttamente anche i nostri lavoratori frontalieri - che però «verranno annunciate domani» (oggi, ndr). Da lunedì - come confermato da Norman Gobbi - «la polizia effettua i controlli del caso sul territorio», mentre in corrispondenza delle dogane «sono competenti le guardie di confine, che hanno ridotto il numero di valichi aperti per controllare meglio». La situazione resta critica, anzitutto sotto il profilo sanitario, considerato che il medico cantonale Giorgio Merlani ha parlato di «258 casi accertati, un numero che sta salendo in modo esponenziale». A Bellinzona sono giunte a ieri ben 800 richieste di “lavoro ridotto”.
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