Cremazioni, a Chiasso si può
«Ma Como ostacola i cittadini»

Dopo lo scandalo del forno di Biella, l’intervento del consigliere Nessi - «In Ticino non serve il passaporto mortuario, inutile andare fuori provincia»

Non c’è bisogno di andare fino a Biella - o a Trecate, o a Varese o a Sondrio, per citare tutte ma proprio tutte le mete dei nostri carri funebri - per far cremare la salma di un caro estinto.

«La soluzione territorialmente più vicina - suggerisce il consigliere di “Svolta civica” Vittorio Nessi, in un’interrogazione depositata poche ore prima che venisse fuori la storia macabra dell’impianto di Biella finito sotto sequestro - è rappresentata dal forno crematorio della città di Chiasso, sito a pochi chilometri da Como».

A poco più di due anni dalla chiusura dell’impianto che fino al giugno del 2016 funzionò al Monumentale (a questo proposito sarebbe bello che qualcuno spiegasse, prima o poi, quali speranze ci siano di rivederlo in funzione), Nessi si è documentato, scoprendo una cosa importante. E cioè che la possibilità di trasferire il caro estinto oltre confine è concreta e percorribile. Mica vero, come sostengono gli uffici comunali, che non si possa andarci perché servirebbe il rilascio del passaporto mortuario da parte della prefettura (richiesta che renderebbe l’operazione effettivamente molto più complessa): il cosiddetto “traffico locale di confine” è soggetto a tutt’altra normativa, decisamente più snella. «Il Governo svizzero e il governo Italiano - scrive nella sua interrogazione l’ex magistrato comasco - hanno approvato un accordo in tema di traslazione di salme che non menziona la necessità del passaporto mortuario. E ciò è tanto vero che le confinanti autorità elvetiche non richiedono tale documentazione».

È su questo punto che Nessi interroga il sindaco , cioè «per sapere le ragioni per cui l’amministrazione pretenda il rilascio del passaporto mortuario per i trasporti di salme al forno crematorio di Chiasso e perché non adotti la procedura concordata nell’accordo tra i due Governi».

Per quanto attiene al forno di Biella - e agli arresti dei suoi responsabili accusati di avere fatto scempio di decine di salme pur di accelerare i tempi e garantire la massima “resa” dell’impianto, il tutto condito di dettagli granguignoleschi e a tratti irriferibili delle condizioni dell’impianto -, per quanto riguarda il forno piemontese è impossibile quantificare il numero preciso di comaschi che vi siano stati dirottati in questi due anni in cui circa 900 salme sono state trasferite per la cremazione fuori provincia. Di sicuro una certa, comprensibile angoscia serpeggia tra vedove, vedovi, fratelli, figli, congiunti.

Nel capoluogo di provincia piemontese c’è una signora che ha già lanciato una class action (per informazioni basta inviare una mail all’indirizzo [email protected]) mentre anche l’immancabile Codacons scende in campo garantendo la tutela dei familiari in tutte le sedi opportune e invitando gli interessati a farsi avanti.

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