Croce Rossa di Como, spese pazze
Quattro milioni per terreni e immobili

Mutui fino al 2037 accesi dall’ex presidente - E ora le difficoltà economiche si riversano sui dipendenti

La crisi economica del Comitato di Como della Croce Rossa (che comprende anche le sedi di Lipomo, Valsolda e San Fedele Intelvi), che rischia di costare il posto di lavoro a soccorritori che da anni si impegnano sulle ambulanze dell’associazione, si può spiegare solo attraverso i numeri. Ma visto che il bilancio della Cri resta un mistero (non ha neppure l’obbligo di depositarlo in Camera di Commercio), i numeri bisogna ricostruirli altrimenti.

I problemi con le banche

Ad esempio partendo dai dati sulle visure catastali e sulle ipoteche accese per poter aprire mutui con la banca. E si scopre così che tra l’estate del 2016 e l’ottobre del 2017 l’allora commissario straordinario del Comitato di Como, Matteo Fois, si è lanciato in una serie di operazioni immobiliari che hanno caricato la Croce Rossa, in poco più di un anno, di debiti per oltre 3 milioni e 800mila euro.

Ecco dunque spiegato come, se ogni mese devi alle banche con cui hai sottoscritto quei mutui una somma che si aggira tra i 15mila e i 20mila euro (soldi in più rispetto alle normali spese di gestione), alla lunga diventa complicato trovare il denaro pure per garantire gli stipendi dei dipendenti. E, infatti, non solo l'attuale commissario del comitato comasco è stato costretto, obtorto collo, ad annunciare ai sindacati una futura richiesta di esuberi del personale dipendente, ma chi ancora è a libro paga di via Italia Libera vanta soldi non ancora incassati: le mensilità di gennaio e febbraio dello scorso anno - ad esempio - ma anche il riconoscimento di buoni pasto e di ore di straordinario.

E qui sta il paradosso: perché, anche in seguito all’emergenza Covid, i servizi della Croce Rossa - già preziosi prima - si sono fatti ancora più richiesti. Insomma: il lavoro e l’attività non mancano, tutt’altro, eppure il personale è in sovrannumero.

I rapporti con gli altri Comitati

Le difficoltà economiche che la gestione Fois ha lasciato in eredità un anno fa (quando il presidente nazionale ha rimosso l’allora presidente e commissariato il Comitato), non causano difficoltà di gestione soltanto alle sedi di via Italia Libera, Lipomo e della Valle Intelvi, ma hanno avuto una pesante ripercussione anche sui conti di altri comitati comaschi.

Forte della sua storia e del suo nome (Comitato provinciale della Croce Rossa) l’ente amministrato da Fois incassava per conto di tutti gli altri comitati provinciali i fondi (parliamo di milioni di euro) pagati ogni tre mesi da Areu e previsti per la gestione dei servizi di emergenza sanitaria, cioè quelli gestiti dal 118. Quei fondi il Comitato di Como avrebbe avuto l’obbligo di ridistribuirli con i presidenti delle varie altre sedi comasche. Un obbligo che però da via Italia Libera non è stato rispettato.

A dispetto delle numerose segnalazioni inviate ai vertici nazionali da parte degli altri Comitati lariani, nulla si è mosso fino a quando qualche presidente ha deciso di alzare la voce e rivolgersi, com’era suo diritto, al Tribunale per chiedere quel denaro così da poter avere la liquidità necessaria per garantire i servizi. Soltanto al primo ottobre 2019 il presidente nazionale della Croce Rossa ha deciso che «la titolarità delle convenzioni emergenza urgenza a gettone» passasse «dall’allora Comitato della Provincia di Como ai singoli Comitati». Ma questi ultimi vantano ancora centinaia di migliaia di euro mai ricevuti.

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