Dal carcere al denaro virtuale
Pennestrì crea il bitcoin comasco

Il figlio dell’ex patron della Comense apre un’attività di consulenza in Svizzera

Como

Dal carcere ai domiciliari e, ora, una seconda vita a creare criptovalute. Dopo essere stato trascinato nel baratro dal padre Antonio, Stefano Pennestrì, ex commercialista con sulle spalle tre anni di condanna per corruzione e una radiazione dall’albo professionale, prova a rifarsi una vita professionale e lo fa restando in ambito fiscale, addirittura andando a creare un “bitcoin” comasco.

Non è certo passato inosservato il nuovo profilo Linkedin - il social per professionisti e per chi vuole promuoversi nel mondo del lavoro - del figlio di Antonio Pennestrì, protagonista della clamorosa tangentopoli in sala lariana che ha riempito le tasche degli ex vertici dell’Agenzia delle entrate di Como.

Le criptovalute

Pennestrì, a fine agosto, dopo aver fatto sapere a tutti di aver intrapreso un corso di formazione e professionale sul blockchain, ovvero una tecnologia che consente di avviare investimenti ma anche pagamenti utilizzando valuta virtuale, ha infatti pubblicizzato il fatto di aver creato la prima criptovaluta comasca la “ComoLake coin”.

La criptovaluta - la più famosa è il bitcoin - è una moneta virtuale che ha scatenato negli ultimi anni il dibattito anche in campo legislativo e giudiziario. Perché le criptovalute - per loro stessa definizione - sono letteralmente “valute nascoste”, lontane dai circuiti ufficiali ma che hanno comunque un valore. Le norme antiriciclaggio le definiscono così: sono una “rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Il profilo Linkedin

Ma guardando il profilo Linkedin di Pennestrì, che ha subito una pena a tre anni perché accusato di aver pagato funzionari del fisco per consentire ai clienti del suo studio professionale di frodare il fisco e non pagare tasse dovute, si scoprono altri due particolari. Il primo: il figlio dell’ex patron della Comense (la vera mente del giro di mazzette stroncato dalla Guardia di finanza) ha spostato i proprio interessi professionali oltre confine. Infatti il luogo di lavoro risulta essere formalmente Magadino, piccolo comune ticinese sul lago Maggiore. Inoltre nella versione inglese lui si definisce “accountant since year 2000” che può essere tradotto come: «Io sono commercialista fin dall’anno 2000». Peccato che commercialista non lo è più, vista la sua radiazione dall’albo. E infatti nella versione italiana omette questo passaggio e scrive: «Opero sul confine tra l’Italia (Como) e la Svizzera (Canton Ticino). Ho esperienza ventennale di assistenza fiscale, diritto societario, due diligences, operazioni straordinarie e pianificazioni successorie»

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