Fisco e tangenti, la corruzione non basta
L’ex direttore è ancora al suo posto

Nessun provvedimento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di Roberto Leoni. Oggi, intanto, il commercialista Antonio Pennestrì sarà interrogato dal pubblico ministero

È in carcere dallo scorso 25 giugno con l’accusa di corruzione, ma ancora contro di lui l’Agenzia delle entrate non ha formalizzato l’apertura di alcun procedimento disciplinare: Roberto Leoni, ex direttore della filiale di Como e, in assenza di provvedimenti di sospensione, formalmente ancora direttore a Varese (dove era stato trasferito dal 1 gennaio scorso), fa sapere per il tramite del suo legale, avvocato Sara Turchetti, che ieri è andata a trovarlo nella casa circondariale di Busto Arsizio, «di volersi volontariamente dimettere dal lavoro. È un passo che avrebbe già compiuto, se non fosse che potrebbe suonare come implicita ammissione di colpevolezza, in una vicenda giudiziaria nella quale lui si sente tirato dentro, senza essere colpevole» dice il legale.

L’avvocato è sorpreso che «dopo tutti questi giorni né a me né a lui in carcere siano stati notificati provvedimenti da parte dell’Agenzia delle entrate, che in casi di arresti scattano in maniera automatica con la formalizzazione di un provvedimento disciplinare».

Leoni, ultimo in ordine di tempo, intende chiedere pure lui di sottoporsi a interrogatorio del pm (sono scaduti i termini per fare istanza al Tribunale del riesame, strada che nessuno degli arrestati ha percorso), «ma solo quando avremo finito di studiare tutte le carte, che ci sono state date solo lo scorso fine settimana» precisa ancora l’avvocato Turchetti.

La sua linea difensiva è chiara: «Dalle carte e dalle trascrizioni delle intercettazioni - aggiunge il legale - non emerge nessuna dazione di danaro a Leoni, nessun passaggio in cui lui si accorda per prendere soldi in cambio di favori».

Oggi intanto tocca ad Antonio Pennestrì (detenuto a San Vittore), comparire davanti al sostituto procuratore Pasquale Addesso, dopo che la scorsa settimana il figlio Stefano (come il padre assistito dall’avvocato Giuseppe Botta), aveva risposto alle domande del pm per oltre nove ore.

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