Giravano filmini a luci rosse
Baby gang, c’è un’altra indagine

Sui telefoni di tre minorenni immagini che coinvolgono una coetanea Intanto il tribunale conclude gli interrogatori dei giovani portati in comunità

Tre dei minorenni coinvolti nell’indagine sulla cosiddetta “baby gang” che negli ultimi mesi spadroneggiava in centro città terrorizzando i coetanei, sono rimasti coinvolti anche in una inchiesta parallela, aperta per il reato di produzione e detenzione di materiale pornografico.

Uno di loro avrebbe ripreso con il “solito” smartphone un’amica che si trovava con lui - apparentemente consenziente, sia all’atto in sé, sia al fatto che il giovane partner la riprendesse - salvo poi diffondere il video che gli inquirenti hanno rintracciato, non a caso, sui telefoni degli altri due (il che non esclude l’eventualità che, purtroppo, le stesse immagini siano ulteriormente “rimbalzate” altrove).

Per il codice penale si tratta di un reato grave, soprattutto quando la vittima sia minorenne, se è vero, come è vero, che la pena cosiddetta “edittale” varia tra i 6 e i 12 anni di detenzione.

Per quanto riguarda invece l’indagine principale, quella per i furti e le rapine che aveva condotto agli arresti della scorsa settimana, il giudice del tribunale dei minori ha completato anche gli interrogatori di garanzia di quei quindicenni che anziché in carcere erano stati inviati ciascuno in una comunità differente, tutte fuori provincia. Anche loro, come i coetanei al Beccaria, si sono dimostrati particolarmente collaborativi, evidenziando «segni di pentimento - per dirla con Angelo Bianchi, un altro degli avvocati nominati nel folto parterre difensivo - e anche una certa,inedita propensione «ad assumersi le proprie responsabilità».

Il giudice Marina Zelante è stata molto dura con tutti, ribadendo nelle comunità quanto detto anche in carcere. E cioè che, d’ora in poi, i ragazzi dovranno «guadagnarsi ogni cosa», pensando in primis chi alla scuola, chi al lavoro che le comunità offrono, chi alla cura del percorso “confezionato” su misura in collaborazione con i servizi sociali di competenza. Di uscire da comunità o strutture carcerarie, per il momento, non se ne parla.

Resteranno tutti dove sono, in attesa del completamento dell’indagine. La strada per il recupero e il reinserimento - che è poi il vero obiettivo di tutta l’operazione - è già cominciata.

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