I fratelli anti Covid dal Papa
«Ho pregato per voi infermieri»

Valerio, Raffaele, Maria e Stefania Mautone sono stati ricevuti ieri da Francesco

Emozionati, certo. Ma alla fine Francesco «ci ha fatti sentire a nostro agio». Maria, Stefania, Valerio e Raffaele Mautone, i quattro fratelli infermieri di Como che su La Provincia, l’1 aprile, avevano condiviso paure, speranze e sacrifici di chi in quei giorni era in prima fila nella lotta contro il virus, ieri hanno avuto un lungo colloquio in Vaticano con papa Francesco. Un confronto lontano dai formalismi, ma vero, sentito, emozionante, nel corso del quale il Pontefice ha ascoltato i racconti e le testimonianze dei fratelli anti Covid. E ricevuto le lettere che i quattro fratelli hanno raccolto da pazienti, colleghi personale sanitario indirizzati espressamente al Papa.

Le lettere e la divisa

«Le lettere che abbiamo consegnato al Santo Padre - spiega Raffaele - rappresentano le lacrime di chi ha voluto raccontare la propria esperienza durante la pandemia. Abbiamo consegnato al Papa anche la divisa degli infermieri» del Sant’Anna «che rappresenta il sudore e l’amore per la vita. Amore per la vita che è stato più contagioso del virus».

All’incontro in Vaticano erano presenti anche i figli e i genitori dei fratelli Mautone: «Il Papa - ha detto Maria - ha voluto esprimere la sua vicinanza agli infermieri e a chi lavora nella sanità. Ha detto che comprende le nostre sofferenze e che ha pregato e prega per noi». Francesco ha avuto parole di enorme stima per il ruolo degli infermieri: «Ha detto che è consapevole del fatto che siamo il tramite diretto con i pazienti e che spesso siamo anche dei mediatori» tra le sofferenze di chi soffre e il resto del mondo.

Valerio Mautone, dal canto suo, ha voluto raggiungere Roma a piedi, percorrendo l’ultimo tratto della via Francigena fino alla Città del Vaticano: «È stato un incontro emozionantissimo. Durante la pandemia noi abbiamo avvertito la presenza del papa. E attraverso questa presenza sentivamo che Dio era con noi».

Il ricordo e il dolore

Nel corso della chiacchierata con il Pontefice, Valerio ha avuto anche modo di ripercorrere quei mesi drammatici in cui l’Italia è stata l’epicentro della pandemia: «I primi giorni sono stati difficili dal punto di vista professionale. Ma poi abbiamo compreso che era molto più pesante l’aspetto emotivo e psicologico» legato al rapporto quotidiano con pazienti «che non avevano assolutamente considerato la possibilità di morire e alle quali, all’improvviso, abbiamo dovuto dire che dovevamo intubarli e quindi di chiamare la moglie o il marito e i figli per poterli salutare. Molti di loro non si sono più risvegliati».

Un incontro intenso, come detto. «Ma davanti a noi abbiamo avuto la fortuna di trovare una persona semplice, che di fronte alla nostra emozione ha saputo farci sentire a nostro agio».

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