I profughi dall’Ucraina: «La guerra non finisce, cerchiamo casa e lavoro»

Solidarietà Sono 2.100 quelli accolti nel Comasco,la metà minorenni e gli altri soprattutto donne. Caritas: «Ora servono soluzioni meno temporanee»

L’accoglienza dei profughi ucraini è sempre meno temporanea, la guerra non finisce e Casa Nazareth sta cercando di offrire stabilità a tante donne e ai loro figli. Il centro d’accoglienza di via don Guanella dall’inizio del conflitto ha accolto 35 persone scappate dalle bombe. Quasi sempre madri con bambini, ma anche nonne, raramente interi nuclei familiari.

«La situazione è fluida – racconta Anna Merlo, operatrice Caritas – all’inizio a marzo l’accoglienza sembrava di passaggio, adesso invece bisogna pensare a delle soluzioni meno temporanee. Stiamo cercando di inserire dei nuclei negli appartamenti che abbiamo a disposizione. Molti privati hanno risposto all’appello, possiamo contare sul sostegno delle parrocchie e di altre congregazioni. Due mesi fa chi scappava e arrivava qui in larga maggioranza cercava parenti, zie e nonne residenti nel Comasco al lavoro come badanti. L’impressione è che superata quella fase emergenziale, al perdurare della guerra, adesso stiamo passando ad un’accoglienza di secondo livello. Ci sono bisogni diversi a cui dare risposta». Quattro, cinque, sei figli e nipoti ospiti dall’anziana nonna nel suo appartamento privato. Così funzionava all’inizio l’accoglienza, spesso senza che il sistema pubblico, le amministrazioni comunali e il terzo settore, fossero davvero chiamati in causa. Ora invece queste persone chiedono qualche metro quadrato in più, un po’ più di indipendenza.

Una nuova fase

«C’è anche chi cerca lavoro – racconta Merlo – molte ragazze non fanno fatica a trovare un impiego nel settore turistico e nella ristorazione, data la mancanza di personale. Quanto ai bambini e agli adolescenti stiamo iscrivendo tutti ai Grest delle parrocchie, per stare in compagnia. Prima siamo riusciti con le scuole a iscrivere diversi alunni neo arrivati e così continuiamo a fare in vista di settembre».

A casa Nazareth lavora Hanna Midianchuk, giovane mediatrice in Italia da due anni che si è avvicinata alla Caritas per aiutare i profughi e che in Caritas è rimasta per offrire il suo supporto. Fino a circa un mese fa la nostra provincia ha accolto circa 2.100 profughi ucraini, poco meno della metà minorenni, il resto soprattutto donne, mamme. Più di 200 le registrazioni nel Comune capoluogo dove un quarto degli arrivi sono stati gestiti dalla rete Caritas. Un centinaio di famiglie comasche si sono dette disponibili ad aprire le porte delle loro case.

Oltre a questi numeri bisogna contare i tanti ucraini di passaggio non registrati. Dopo 109 giorni di guerra molti profughi cercano di tornare a casa.

Alcuni provano a tornare per ritrovare i familiari. La preoccupazione più grande è per i mariti e i figli grandi rimasti al fronte

«Attendiamo un riscontro da chi è ripartito – dice Merlo – qualche settimana fa a Kiev le cose sembravano volgere per il meglio, ma ora c’è molta incertezza. Alcuni provano a tornare per ritrovare i familiari rimasti, per risolvere situazioni burocratiche ed economiche. La preoccupazione più grande è per i mariti e i figli grandi rimasti al fronte. Tanto poi dipende dalla casa. Se è ancora in piedi o se è crollata».

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