La ’ndrangheta si infiltra nella multinazionale di trasporti

Guanzate, sotto sequestro la Schenker di Guanzate per i rapporti con un affiliato ai clan

Poco meno di 400 mila euro nel 2020, anno devastato dal Covid; 492 mila euro nel 2021, per un totale nei due anni della pandemia di 890 mila euro di importi fatturati. Il tutto a fronte di una media precedente di commissioni, tra 2017, 2018 e 2019, che si erano fermate sui 371 mila euro all’anno. La pandemia, insomma, non aveva fermato – secondo i dati in possesso della Sezione autonoma delle misure di prevenzione presso il Tribunale di Milano – l’inserimento di Nicola Bevilacqua nella Schenker Italiana, vicenda finita nelle scorse ore sulle pagine di cronaca e che ha coinvolto la multinazionale della logistica e dei trasporti con una base operativa anche a Guanzate.

Così l’affiliato ai clan lavorava per la ditta di trasporti

Bevilacqua, infatti, 60 anni residente a Rovellasca, secondo la procura di Milano è un uomo del clan dei Mancuso di Limbadi, in Calabria, e per anni avrebbe lavorato (nonostante fosse noto per fatti di ‘ndragnheta) per il colosso dei trasporti, la Schenker Italiana appunto, tramite la Fiuto Autotrasporti di Lurago Marinone di proprietà della compagna. E nemmeno il Covid, sostengono i magistrati mostrando i numeri, aveva frenato la crescita dell’inserimento – in termini di fatturato – di Bevilacqua nella società.

La notizia di ieri, comunicata dopo una operazione congiunta dei carabinieri del Reparto Operativo di Como e del Gico della guardia di finanza, è quella della notifica di un provvedimento di amministrazione giudiziaria previsto dal codice antimafia.
La sezione italiana della multinazionale con sede in Germania, insomma, è stata in parte commissariata e dovrà rendere conto – da qui in avanti – ad un giudice delegato dal Tribunale di Milano per atti ritenuti di interesse.

Quello che ha sorpreso i magistrati, che lo scrivono a chiare lettere, è «l’estrema cedevolezza manifestata» da esponenti della Schenker Italiana nel relazionarsi con una persona «di questo spessore delittuoso» agevolandone l’attività, come del resto mostrato dai fatturati in continua crescita nonostante la pandemia. Una «progressione tanto più rilevante quanto più indifferente alla contrazione economica generale indotta dal Covid». Ma il timore degli inquirenti, è anche che questa vicenda tra la Schenker e la Fiuto Autotrasporti si inserisca in un «orizzonte delittuoso più ampio di quello riferibile alla sola persona di Nicola Bevilacqua».

Il sospetto, insomma, è che quest’ultimo possa essere solo in tramite per contro di altri. Non bisogna del resto dimenticare che, risalendo all’origine dell’indagine, il primo intervento che aveva dato origine alla vicenda era stato il sequestro di 30 chili di cocaina – un mare di polvere bianca, dall’enorme valore economico – al porto di Dover (il 15 marzo 2020) per mano della polizia di frontiera inglese. Stupefacente occultato su un tir contenente derrate alimentari che solo sue giorni prima, il 13 marzo, era stato caricato alla Schenker di Guanzate.

Sulla vicenda, sempre nella giornata di ieri, era intervenuto in modo duro anche l’avvocato difensore della compagna di Bevilacqua, proprietaria della Fiuto Autotrasporti. «In questo modo – aveva detto il legale Simone Gatto, commentando l’accaduto – si chiudono aziende non sui fatti, ma sui sospetti, lasciando a casa lavoratori e mettendo sul lastrico intere famiglie».

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