Cronaca / Como città
Giovedì 08 Ottobre 2015
La Resistenza non è più “pop”. E ha finito i soldi
Appello dell’Istituto di storia contemporanea Perretta. Esclusi da Como capitale della cultura per scarso... appeal
«Abbiamo risorse ancora per qualche mese. Se non ci sarà un’inversione di tendenza, molte attività cesseranno».
È l’allarme lanciato dall’istituto di storia contemporanea di Como, nato nel 1977 e intitolato alla memoria dell’avvocato antifascista Pier Amato Perretta, un’istituzione - se è vero quel che si dice in sede -giudicata non abbastanza “pop”. «Siamo ospitati - spiega il presidente Giuseppe Calzati - in uno stabile comunale attraverso un comodato d’uso. La manutenzione è a carico nostro, così come la luce e il riscaldamento, migliaia di euro l’anno». E, a questo proposito, da tre anni l’ente sta facendo fronte al pagamento di vecchie bollette, mai consegnate prima, per un totale di 16mila euro.
Per lavorare con un minimo di tranquillità sarebbero sufficienti 10mila euro l’anno. Gli associati sono un centinaio, a cui si aggiungono una cinquantina fra associazioni, istituzioni locali, sindacati e comuni, fra cui quello capoluogo. «Con le quote e le nostre attività - continua Calzati - riusciamo a raccogliere 5mila euro. Le risorse pubbliche, negli anni, si sono assottigliate. L’amministrazione provinciale, per esempio, ha subito tagliato la sua quota. Como non sempre ha pagato e anche negli ultimi tempi non è sempre stato puntuale nel versamento dei cinquecento euro. C’è la quota dell’anno scorso, non quella di quest’anno». A oggi, le uscite superano le entrate: servirebbe poco a un istituto che, durante l’anno, mette in cantiere tante iniziative: incontri pubblici, seminari, corsi di aggiornamento per i docenti e un rapporto intenso e solido con le scuole. Per non parlare del patrimonio conservato in sede e a disposizione di cittadini e studiosi: per esempio un archivio cartaceo di circa 80mila documenti tra originali e copie, una biblioteca con più di 20mila tra volumi e opuscoli, una fototeca di oltre 2mila pezzi.
L’allarme vuole stimolare cittadini, associazioni, partiti, sindacati e istituzioni affinché una realtà preziosa come questa sia salvaguardata: «Siamo di natura riservata - aggiunge Calzati - E non siamo inclini alla polemica. L’attività è portata avanti volontariamente e con fatica. Facciamo un appello affinchè ci sia un sussulto d’attenzione. Siamo una risorsa, vogliamo essere considerati come tali ed essere messi in condizione di dare il nostro contributo culturale alla città». L’organizzazione fa parte dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione: «Il Comune - commenta il segretario del comitato provinciale Anpi Antonio Proietto - potrebbe accollarsi i costi di gestione. Se non tutti, almeno una parte. Sarebbe un bel segnale. Da parte degli esponenti, ci sono troppe enunciazioni di principio circa la Resistenza e il suo monumento comasco purtroppo spesso non trasformate in atti concreti».
L’8 giugno, una mozione del Movimento cinque stelle (sollecitata da un ordine del giorno successivo)era stata approvata all’unanimità dal consiglio comunale comasco in cui si chiedeva «un incremento congruo di aiuti economici all’Istituto finalizzato al completamento di importanti attività». Nulla è ancora accaduto: «Manifestazioni di simpatia e interesse ci sono state - conclude Calzati - il problema però è la sostanza. Le diverse proposte avanzate, come la costituzione di una casa della memoria, sono finora rimaste senza risposta».
L’istituto non è stato coinvolto all’interno di Como capitale della cultura. «È più corretto dire - chiude lapidario il vice presidente Fabio Cani - che siamo stati tenuti fuori. Noi ci siamo fatti avanti più volte, ma di fronte a precise sollecitazioni ci è stato fatto capire che non eravamo “abbastanza pop”».
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