La retata dei commercialisti
Gli arrestati e le accuse

Corruzione: nei guai anche avvocati, fiscalisti e dirigenti dell’Agenzia delle entrate

Un sistema. Diffuso. Che affonda le sue radici almeno a dieci anni fa. Un mercimonio «disarmante» lo bolla il giudice Luisa Lo Gatto, che ha valutato e accolto gran parte delle richieste di arresto avanzate dal pubblico ministero Pasquale Addesso, nella seconda tranche della tangentopoli comasca del fisco. E se la prima parte dell’inchiesta, lo scorso anno, aveva creato scalpore, questa seconda ondata lascia sgomenti. Per il numero delle persone coinvolte: quindici commercialisti, due avvocati, tre funzionari dell’agenzia del fisco, un imprenditore. Arrestati, ieri mattina ben prima dell’alba, dai finanzieri del nucleo di polizia economico tributaria di Como.

Il sistema corruttivo

L’accusa: un giro di mazzette (ben 37 gli episodi corruttivi contestati dalla Procura) pagate da insospettabili commercialisti comaschi per far ottenere ai propri clienti indebiti (e non dovuti) sconti con il fisco. Un danno, per le casse dello stato, stimato dagli inquirenti in oltre due milioni di euro.

La gola profonda che ha consentito al vaso di Pandora, scoperchiato a suo tempo dai militari della Guardia di finanza e dalla Procura cittadina, di sprigionare i suoi effetti è Stefano La Verde, ex capo team legale dell’Agenzia delle entrate, talmente preciso nel contabilizzare la propria esistenza, da aver sintetizzato anni di mazzette in quattro pagine manoscritte sequestrate a suo tempo da casa sua.

Le parole sue, incrociate con quelle dell’ex direttore dell’Agenzia di Como Roberto Leoni e (in parte) con gli interrogatori di Antonio e Stefano Pennestrì (antesignani della tangentopoli fiscale in salsa comasca) hanno aperto le porte del carcere a Roberto Colombo, dirigente dell’Agenzia delle entrate di Como con compiti di responsabilità nelle pratiche catastali, e a Simona Secchi, 50 anni, già socia di studio dei Pennestrì, già indagata nella prima tranche, residente in Svizzera e arrestata per timore di possibili fughe - vista la residenza all’estero - e di possibili inquinamenti probatori. La Secchi è accusata, oltre che di corruzione, anche delle false sponsorizzazioni ideate da Pennestrì senior già all’epoca della Comense, e che hanno coinvolto la Cittadella e il Basket Como. Ai domiciliari tutti gli altri indagati: un avvocato, un imprenditore, due funzionari del fisco e tutti gli altri commercialisti.

Magistratura e fiamme gialle lo raccontano così il ruolo di La Verde: riceveva - o gli faceva visita in studio - i commercialisti amici, raggiungeva l’accordo per il compenso (in alcuni casi bastavano anche solo 500 euro) quindi provvedeva lui medesimo a predisporre ricorsi o istanze da indirizzare a se stesso, in qualità di legale dell’Agenzia, per la decisione finale, che ovviamente dipendeva sempre da lui.

La svolta

La nuova inchiesta, sfociata ieri con il blitz dei finanzieri comaschi, fonda i suoi natali il primo agosto scorso, quando nella sala interrogatori del carcere La Verde risponde per dodici ore alle domande del pubblico ministero Addesso. In quell’occasione rivela: «Vi erano altri professionisti con i quali intrattenevo rapporti anche di natura corruttiva». E via con l’elenco: Massimo Mariangeloni (5 episodi contestati, tangenti per una somma complessiva di 34mila euro), Michelangelo Rossini (2 episodi, una promessa di denaro stroncata dall’arresto di La Verde, l’altra tangente da mille euro), Gabriella Terenghi (5 episodi, 8500 euro di “compenso”), Raffaele La Gamba (3 casi contestati, cifra pari a 4.550 euro), Claudio Quadranti (4 episodi per una somma pari a 7.800 euro), Franco Luraschi (pure lui 4 episodi per poco meno di 10mila euro), l’avvocato Niva Matteri (2 episodi, 12.700 euro di presunte tangenti), il fiscalista della valle d’Intelvi Dino Leoni (3 episodi, 8mila euro), il consulente di Procura e Tribunale Alessandro Colombo (2 capi d’imputazione, duemila euro contestati).

Ai domiciliari, poi, sono finiti: Roberto Santaniello, ex dirigente dell’Agenzia delle entrate (che secondo il gip, però, avrebbe meritato il carcere) accusato di aver fatto da “procacciatore d’affari” o, per dirla con La Verde, di essere un «faccendiere» capace di cucire relazioni tra commercialisti e uomini del fisco; Antonio Silipo, capo del personale all’Agenzia delle entrate di Milano accusato di abuso d’ufficio per aver sponsorizzato un suo parente avvocato; Paolo Sampietro, imprenditore, interessato a ottenere uno sconto da 240mila euro in un procedimento dell’Agenzia e pronto a sborsare 20mila euro.

Ma l’elenco degli indagati e molto più lungo, al punto che la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari per altre dieci persone, quasi tutti commercialisti comaschi. Una vera e propria bufera giudiziaria, che rischia di non esaurirsi con gli arresti di ieri mattina. Prossima tappa: gli interrogatori di garanzia. E chissà che altre gole profonde non contribuiscono a spalancare altri vasi.

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