Latino, altro che lingua morta
In 120 vogliono il “patentino”

I comaschi che puntano al certificato sono il 10% in Lombardia A cosa serve? Dà crediti formativi e all’estero è molto apprezzato

Lingua morta? No. Almeno in provincia di Como, l’interesse per il latino è vivo e vegeto. Lo testimoniano i circa 120 iscritti alle certificazioni di competenza, tenute nei giorni scorsi al Volta, sede di riferimento per tutta la provincia da qualche anno. La cifra rappresenta quasi il dieci per cento di tutti gli studenti lombardi (1450 quest’anno, il triplo di quattro anni fa) e sta a indicare un interesse non indifferente per l’idioma classico. Per avere un’idea, solo due anni fa furono ottanta.

Ma di cosa si tratta? Il progetto è stato ideato nel 2009 per iniziativa della Consulta universitaria di studi latini (Cusl) ed è diventato operativo nel 2012 in Liguria e Lombardia, grazie a un protocollo d’intesa firmato con l’ufficio scolastico regionale. Non si tratta di un certamen, una competizione: è un riconoscimento ufficiale della propria padronanza del latino, suddivisa su diversi livelli e valida su tutto il territorio nazionale. Testa il livello di apprendimento di una lingua, simile a quanto accade, per esempio, per l’inglese. L’iscrizione alla sessione d’esame è gratuita e non vincolata ai voti o al profitto scolastico. «Si tratta di prove di comprensione e valutazione delle competenze morfo sintattiche - spiega Gabriella Freschi, la docente del Volta referente del progetto – le prove sono senza dizionario perché è necessario avere una certa padronanza del lessico». La difficoltà cambia secondo i livelli: in particolare, l’ “A1” è accessibile a tutte le scuole, comprese quelle con poche ore di latino (specie se paragonate al classico), mentre il B2 è il più complicato (al momento, mancano i livelli C). La prova è tutta in latino: fra gli esercizi, compaiono quelli a risposta multipla o i “vero” o “falso”. In alcuni casi, sono previste le frasi da completare con una parola. La traduzione è richiesta solo per il B2. I risultati saranno pubblicati fra un paio di settimane sul sito dell’ufficio scolastico lombardo e, di solito, stando al trend degli scorsi anni, c’è una buona percentuale di successi.

La domanda è scontata: a cosa serve avere la certificazione di una lingua morta? Intanto, agli studenti dà i crediti formativi. Inoltre, e la risposta fa ben sperare chi spera in una rinascita del latino, aiuta a trovare lavoro. Lo scrive addirittura il Ministero dell’Istruzione sul proprio blog. In particolare, piace all’estero. «Inutile sottolinearlo – aggiunge Freschi – è diverso dall’inglese. Soprattutto fuori dall’Italia, però, è molto apprezzata la conoscenza delle lingue classiche, attesta un certo tipo di preparazione, anche all’interno delle facoltà scientifiche. Infatti, l’idea è nata da alcuni professori universitari in arrivo dall’estero». I campi dove può essere un “plus” sono l’educazione e la ricerca, passando per l’archeologia e un ampio ventaglio di occupazioni umanistiche. Inoltre, la proposta della Cusl è arrivare ad avere una certificazione riconosciuta come per l’inglese, con i livelli da A1 a C2. Così da fornire agli studenti una carta in più da inserire nel curriculum.

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