L’inchiesta sulla tangentopoli del fisco
I Pennestrì pronti a restituire i soldi

L’avvocato difensore incontra il magistrato. Nuovo summit con la Guardia di finanza

I due Pennestrì, padre e figlio, sono pronti a risarcire il danno legato alle mazzette che hanno pagato - e ammesso in due ampie confessioni davanti al pubblico ministero - all’ex direttore dell’Agenzia delle entrate di Como e al capo del team legale della stessa Agenzia. L’intenzione sarebbe stata comunicata dall’avvocato difensore dei due commercialisti, il legale Giuseppe Botta, al sostituto procuratore Pasquale Addesso. Pubblico ministero e avvocato si sono incontrati ieri, ma anche il giorno prima tra loro c’era stato uno confronto.

Evidentemente l’intenzione di Antonio Pennestrì e del figlio Stefano Pennestrì è quella di poter - in vista di una possibile richiesta di patteggiamento - giocare la carta dell’attenuante del risarcimento del danno, che consentirebbe uno sconto sulla pena finale che, per la corruzione, rischia di essere particolarmente grave. Soprattutto per Antonio Pennestrì, che sulle spalle ha già due precedenti patteggiamenti per frode fiscale e che ha commesso i reati contestati dalla Procura - e da lui ammessi - mentre si trovava in affidamento in prova durante il periodo di “osservazione” per scontare il precedente patteggiamento.

L’accelerazione nelle trattative tra accusa e difesa è evidentemente legata anche alla decisione del giudice delle indagini preliminari di negare i domiciliari ai due Pennestrì, che si trovano di conseguenza tuttora in carcere (a Monza Stefano, a San Vittore il padre).

Intanto ieri si è svolto un nuovo summit tra pubblico ministero e Guardia di finanza, segno che l’inchiesta sulla tangentopoli del fisco procede a ritmo serrato.

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