Cronaca / Como città
Sabato 04 Aprile 2020
Mano nella mano contro il virus
Franca e Giuseppe, amore eterno
Pensionati ricoverati al Sant’Anna, le lettighe una accanto all’altra. Lui non ce l’ha fatta
In un letto di ospedale, si sono tenuti la mano per due giorni interi. Poi lui si è arreso. Mentre lei resiste, lotta ancora, anche se le sue condizioni non sono buone. Quando sono arrivati in ospedale, medici e infermieri del Sant’Anna non hanno avuto dubbi: quella coppia non poteva essere separata. Hanno quindi messo i loro letti attaccati l’uno all’altro. Perché il signor Giuseppe voleva poter tenere la mano a sua moglie. Almeno un’ultima volta.
Si sono versate lacrime - non le prime, neppure le ultime - nel “pronto soccorso Covid”. Dove la storia di Franca e Giuseppe ha fatto sperare nel miracolo, nella vittoria dell’amore sulla tragedia. Fino a quando lui, 87 anni, si è addormentato per sempre accanto a lei.
I soccorsi e il ricovero
I due pensionati (lei ha qualche anno più del marito) erano stati portati al Sant’Anna in ambulanza nel primo pomeriggio di mercoledì. Li avevano trovati a terra, entrambi: lei caduta e dolorante. Lui tremante per la febbre, incapace di trovare le forze per rialzarla, e steso accanto a lei per proteggerla come poteva. Dove e come abbia preso il maledetto virus, lui, non si sa. Quando sono andati a casa a prenderli, c’era anche una squadra della Protezione civile.
Al pronto soccorso il signor Giuseppe è arrivato già con gravi problemi respiratori. Le parole che inciampavano nell’affannosa ricerca di ossigeno. I sanitari si sono presi cura di lui, come di tutti i pazienti, cercando di dargli quanto più ossigeno possibile. Tampone, prelievo del sangue, accesso venoso, mascherina per poter respirare: il signor Giuseppe non si è lamentato mai. Ma nei suoi occhi chiari - assicurano i soccorritori - si leggeva l’angoscia. Non tanto per sé stesso. Quanto per la moglie.
Con un filo di voce riesce a chiedere di lei. A chiedere dove sia, come sta, dove l’avessero portata. Si scoprirà, di lì a poco, che pure la moglie era arrivata al Sant’Anna. Dolorante. Infreddolita. E pure lei con i primi problemi respiratori. La signora Franca fa fatica a parlare. Con il passare dei minuti si ricostruisce la loro storia. Vivono assieme, da soli. Lei ha qualche problema di deambulazione. E mercoledì, forse addirittura martedì notte, è caduta. Non era la prima volta. Il marito ha tentato di sollevarla, ma senza riuscirci, già debilitato dal maledetto virus.
Allora le si è sdraiato accanto, perché lei tremava, per cercare di scaldarla. In attesa dei soccorsi.
Erano entrambi disidratati. Mentre vengono curati, i sanitari del pronto soccorso trattengono a stento la commozione. Perché è chiaro che la cosa più importante, per entrambi, non è la propria salute, ma quella dell’altra metà della loro vita.
Medici e infermieri non hanno alcun dubbio sul da farsi. Decidono di ricavare uno spazio in sala emergenza, all’interno del pronto soccorso, protetto da un paravento. Prendono due lettighe e le mettono attaccate. Così da consentire ai due coniugi di restare accanto. Di restare assieme. Il signor Giuseppe, allora, nonostante la maschera d’ossigeno renda difficili gli spostamenti si adagia su un lato. Allunga la mano alla ricerca di quella della moglie. E restano così.
Per due giorni tutto il personale del pronto soccorso, appena ha avuto un minuto libero, è passato dai due coniugi. E sono carezze, sorrisi nascosti dietro le mascherine, qualche chiacchiera e commenti ammirati sul loro amore. Qualcuno ha scattato una foto alle due mani che si stringono. E quella foto diventa subito un simbolo della forza dell’amore e della speranza. Moltissimi la condividono sui social. La mettono sui loro profili whatsapp. La scambiano con gli amici dicendo che quei due pazienti sono parte di ognuno dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari che non si risparmiano mai di fronte a ogni malato. E che da quasi un mese lottano contro il coronavirus.
La resa
Venerdì sera, però, lui ha iniziato a peggiorare. E lo ha fatto all’improvviso. Questa malattia fa così. Lo raccontano tutti: un momento prima parli e sei cosciente, un attimo dopo le condizioni precipitano e salvarti è difficile. Ci provano in tutti i modi, ma è chiaro fin da subito che non c’è più nulla da fare. In queste tre settimane ne hanno viste tante, troppe di persone che si sono spente così.
Nella tragedia che sta sconvolgendo il mondo intero, tutti raccontano che la cosa più impressionante e terribile di questa malattia è che le persone muoiono tutte sole. Il signor Giuseppe, lui no. Lui ha potuto tenere la mano della moglie fino all’ultimo istante. E - per quanto retorico possa essere - chi negli ultimi due giorni ha avuto in cura lui e lei ne è convinto: il virus avrà causato ancora un’altra vittima, ma l’amore quello non è stato in grado di farlo morire. L’amore di due persone che sono rimaste accanto per tutta la vita. Ma anche l’amore di tutti quei professionisti del pronto soccorso del Sant’Anna che, avvolti da tute antivirus, mascherine, occhiali e guanti, hanno deciso che Franca e Giuseppe dovessero stare assieme. Almeno per un’ultima volta.
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