«Non ci avete mai amato»
La rabbia dei prof del Politecnico

Lo sconforto di docenti dopo la chiusura della sede comasca

«Matrimonio stanco, logorato dall’indifferenza, istituzioni troppo lontane»

«Il nostro addio è una grave perdita per Como». Questa settimana il Senato accademico del Politecnico ha deciso di chiudere anche l’ultimo corso rimasto n città, ingegneria informatica.

Tra docenti e ricercatori c’è sconforto, ma anche rabbia: «È impensabile dire no a un’università così importante - dice Augusto Sarti, per anni docente tra via Valleggio e via Pannilani -. Il Politecnico è il primo ateneo italiano per la formazione ingegneristica, il 24esimo al mondo, è un’istituzione riconosciuta ovunque. La città ha deciso di puntare sull’Insubria, ma con tutto il rispetto non sono realtà paragonabili. Io a Como ho fondato ingegneria del suono, abbiamo presentato all’amministrazione un possibile sviluppo per potenziare il percorso, ma ci hanno bellamente ignorato. Cremona invece ci ha accolto a braccia aperte».

L’esempio dei “cugini” lecchesi

Lecco ha costruito un campus per trattenere il Politecnico. «Ho saputo della chiusura leggendo La Provincia - dice deluso Emanuele Della Valle, brillante ingegnere del Polo di Como -. Avessi indossato i panni del sindaco ci avrei pensato cento volte prima di lasciar andare via un’università prestigiosa, serviva una riflessione più profonda. La politica ha virato sull’Insubria, le cui dimensioni però non sono comparabili».

L’ultimo tentativo di rilancio dell’offerta formativa necessitava di 5 milioni di euro spalmati in dieci anni, Como ha scosso la testa. «Ho iniziato la mia carriera sul lago - racconta Marco Minghini, promettente ricercatore geomatico - ed ho sempre avuto l’impressione che le istituzioni cittadine non capissero il potenziale dell’università. Ne abbiamo preso atto, è quello che Como si meritava».

Ingegneria informatica rimarrà fintanto che gli ultimi studenti si saranno laureati, a Como resta anche la residenza universitaria di via Zezio e il centro L-Ness di via Anzani. «Al momento rimaniamo, ma è difficile dire cosa accadrà nel medio termine - spiega Giovanni Isella, referente per i fisici di via Anzani, ferrati sulle nanotecnologie -. Di sicuro la didattica a Como non tornerà. Penso che i soldi spesi nella formazione siano sempre un buon investimento, perciò auguro ai colleghi dell’Insubria di sfruttarli al meglio. Quanto al Politecnico credo che i poli territoriali in Lombardia soffrano d’instabilità, di un’efficienza economica da dover sempre giustificare».

«Perdita grave per entrambi»

«Non tutte le città hanno una vocazione universitaria - riflette Paolo Paolini, altro storico informatico del Politecnico - Como non ha mai avuto un buon rapporto con il nostro ateneo, tranne qualche anno dove si è trovato un reciproco vantaggio economico. È stato un matrimonio stanco, logorato dall’indifferenza. Il Politecnico ha ambizioni internazionali, il lago invece doveva puntare tutto sull’accoglienza dei cervelli stranieri. La perdita è grave per entrambi».

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