Cronaca / Como città
Martedì 11 Ottobre 2022
Paola morì in immersione a Villa Geno. Dopo nove anni è tutto prescritto: nessun colpevole
Il processo Nessuna conseguenza per i sommozzatori che quel 29 settembre si erano immersi con la donna. Trentacinque anni, di Tavernerio, ebbe forse un problema all’erogatore durante la risalita
Il 29 settembre del 2013, nel corso di una drammatica immersione davanti a Villa Geno, perse la vita in seguito ad una serie di complicazioni che si erano verificate mentre era in compagnia di altri due sub. Paola Nardini, 35 anni di Tavernerio, era con Walter Sordelli e di Daniele Gandola. La vicenda penale che ne era nata, aveva portato ad una doppia assoluzione sia in primo grado sia in secondo, decisioni che tuttavia erano state “cancellate” dalla corte di Cassazione che aveva «annullato la sentenza» rinviandola «per il nuovo giudizio alla Corte d’Appello». Il tutto chiedendo di «accertare se tacitamente o esplicitamente» la vittima avesse «attribuito ad uno o ad entrambi i suoi compagni di immersione il compito di prestarle soccorso in caso di necessità» per poter di conseguenza «valutare comportamenti attivi colposi» con riguardo «alla fase del soccorso della Nardini».
Ieri mattina quindi, le parti si sono ritrovate di fronte ai giudici meneghini per prendere atto del fatto che il tempo trascorso da quella tragedia era ormai troppo. Il reato ipotizzato è infatti prescritto. La pubblica accusa ha comunque discusso (come pure le difese e le parti civili) chiedendo al termine il non doversi procedere per l’intervenuta prescrizione. In aula c’erano – per gli imputati – gli avvocati Pietro Mario Vimercati, Stefano Fagetti e Angelo Giuliano, mentre le parti civili (i genitori e le sorelle) erano rappresentati da Edoardo Pacia e da Giancarlo D’Adamo. In realtà già si sapeva che questo sarebbe stato l’epilogo, dato che quando la Cassazione si pronunciò annullando le sentenze di primo e secondo grado (era il 4 febbraio del 2021) già mancavano pochi giorni alla prescrizione del reato che cadeva proprio nel marzo dello stesso anno.
Resta aperta la causa civile per accertare eventuali responsabilità
La vicenda tuttavia non è chiusa, almeno da un punto di vista civile. Ed è per questo che ieri le parti hanno discusso ed è stata fissata dalla Corte d’Appello una ulteriore udienza dove dovrà pronunciarsi sulla scontata prescrizione, ma anche dove dovrebbe decidere sulla eventuale responsabilità solo con effetti civili.
I tre sub, domenica 29 settembre del 2013, si immersero davanti a Villa Geno per poi raggiungere una profondità di 56 metri. I guai avvennero nella fase di risalita, quando la ragazza andò in difficoltà probabilmente per dei problemi all’erogatore. Giunti a 25 metri, la situazione si complicò ancora di più fino ad arrivare ad una nuova caduta in profondità della vittima (che tra l’altro non aveva il brevetto per scendere sotto i 40 metri) e all’annegamento. Diversi erano stati i profili di responsabilità attribuiti dalla procura ai due compagni di immersione, sia legati alle modalità dell’immersione stessa sia alla fase del soccorso. Ma per i giudici di primo grado e di secondo le ipotesi dell’accusa non erano state sufficienti per arrivare ad una sentenza di condanna e questo perché le posizioni dei tre nel corso dell’immersione erano state ritenute «paritarie», senza ruoli di istruttore o di guida in quanto tutti sub molto esperti.
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