Pasqua, l’inno alla gioia del vescovo
«Un obbligo, non un accessorio»

Cattedrale gremita di fedeli domenica per il Pontificale di monsignor Cantoni. «Il mondo è sempre più rattristato nonostante il progresso. Trasformiamo il lutto in festa»

Un inno alla gioia contro le tenebre e il pessimismo di un «mondo sempre più rattristato nonostante il lodevole progresso». Ecco cos’è la resurrezione: la capacità di «andare oltre le nostre certezze» per «lasciarci sorprendere dall’azione» di Dio.

È un messaggio di speranza e di fede e di amore quello che il vescovo di Como, monsignor Oscar Cantoni, lancia durante il pontificale di Pasqua, ai fedeli che riempiono il Duomo. Un messaggio letto a gran voce durante l’omelia, che segue la lettura del Vangelo di Giovanni, con «la descrizione della corsa affannata delle donne che, tornate dal sepolcro, pensano che il corpo del Signore fosse stato trafugato». E allora allertano i discepoli che «scoprono l’inatteso»: la resurrezione.

«I segni della resurrezione di Gesù» c’erano tutti, afferma il vescovo: «La tomba vuota, i teli posati a parte, il sudario», ma «non sono che degli umili indizi» che «da soli non conducono alla fede». Perché «il Cristo rivela la sua nuova condizione solo a chi, come al discepolo amato, pone la sua fiducia nella Scrittura, comprendendo che essa già aveva rivelato che Cristo sarebbe risorto dai morti».

«I vangeli - dice monsignor Cantoni nell’omelia - non descrivono la scena della risurrezione, semplicemente testimoniano la gioia dei discepoli che si sono lasciati trasformare dall’incontro con il crocifisso risorto e così hanno imparato a vivere la loro vita da risorti, in un modo nuovo». La resurrezione, spiega, è anche un invito «non ad estraniarci dalle realtà complesse del mondo, ma a interpretare alla luce di ciò che è veramente nuovo, ossia la forza invasiva» proprio «della resurrezione del Signore, che mette in moto un nuovo modo di essere e di operare, un modo nuovo di considerare la vita e di relazionarsi con le persone».

Ed eccolo il messaggio forte dell’omelia: «La gioia per il cristiano non è un accessorio secondario, è un obbligo» perché pensare alla resurrezione e «alle cose di lassù ci costringe a trasformare il lutto in festa, le tenebre in luce nella certezza di essere amati e perdonati da Dio, ci invita a credere che il nostro operare è sostenuto dalla speranza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio».

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