Pedofilia, il pericolo arriva dal web
In provincia due sequestri a settimana

Sul pc di casa fotografie e video pornografici che coinvolgono soggetti minorenni - È un fenomeno sempre più diffuso. Il poliziotto: «Soggetti malati, che la società deve curare»

Scarica illegalmente sul pc di casa fotografie e video pornografici che hanno come protagonisti minori. Spesso mette in atto un vero e proprio adescamento virtuale, finalizzato anche all’incontro di persona. Non mancano mai minacce o ricatti. E di certo questa condotta non è per lui un caso isolato, il pedofilo la ripropone più e più volte, con altrettanti soggetti diversi, quasi incapace di smettere, ma senza però cambiare di molto il copione.

Nel territorio compreso tra le province di Como e Lecco le perquisizioni e i sequestri di materiale pedopornografico sono arrivati a essere due alla settimana.

Sarà anche una media, stimata dalla Polizia postale e delle comunicazioni che ha il proprio comando in città, ma di certo il dato non spaventa meno. Anzi. È il sintomo chiaro di un malessere diffuso, di una patologia spesso cronicizzata, che anche nel periodo dei lockdown più stretti, ha portato a un aumento dei casi registrati. E adesso la preoccupazione verso la pedofilia che corre on line è più che alta.

Si può parlare a tutti gli effetti di una piaga che si allarga e che le forze in campo faticano ad arginare, visto anche i mezzi che hanno a disposizione sul piano giuridico.

L’ha ribadito, lunedì sera Nicola Pagani, ispettore capo della Polizia postale di Como, di fronte a una platea di genitori ed educatori tra cui hanno scelto di sedersi anche alcuni giovani e giovanissimi. La serata era organizzata dai due istituti: il Padri Somaschi di Albate e il Giovio di Como. «Già cinque anni fa un’indagine condotta da noi tra gli studenti delle scuole comasche aveva raccontato che il 13% di loro era convinto di essere stato approcciato almeno una volta da un presunto pedofilo, mentre stava navigando in rete. Dichiarava di essere stato vittima di un’esperienza simile senza mostrare però uno stupore eccessivo, come se fosse matura la consapevolezza che nel web quasi il 50% dei dati che viaggiano ha uno sfondo o una natura sessuale. Adesso i numeri sono decisamente più alti e vanno di pari passo con i sequestri di materiale pedopornografico di cui ogni settimana entriamo in possesso».

Nella quasi totalità dei casi il pedofilo viene però beccato: «Internet conserva le tracce – continua Pagani – e il successo dei nostri interventi è quasi del 100%. La settimana scorsa a Como abbiamo sequestrato nell’abitazione di un informatico due nas (dischi di archiviazione) da 10 tera l’uno. In pratica una mole così vasta di materiale che abbiamo dovuto portare fisicamente in comando tutta la dotazione per poi esaminarne i contenuti». Pagani i casi non li conta nemmeno più, ma gli interessano le persone, alcune di loro sono rimaste per lui indelebili. «Come quell’uomo che ho arrestato e che mentre portavo in comando mi disse “Menomale che siete intervenuti e che mi avete scoperto, ero arrivato al limite, l’on line non mi bastava più, stavo cercando di avvicinare un minore”. I pedofili hanno una malattia, e spesso, dopo aver scontato la loro pena, tornano nella società senza essere supportati in un percorso di cura. Questo è il grave rischio per i nostri figli e una sconfitta per tutti».

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