Sulla strage di Erba confessioni estorte? Nel podcast “Anime Nere” le prove del contrario

Strage di Erba Nella terza puntata del nostro podcast di cronaca nera, ecco i sette dettagli identici confessati dai coniugi che dimostrano la colpevolezza di Rosa e Olindo

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Il terzo caposaldo della richiesta di revisione del processo contro i coniugi Romano, ovvero le asserite “confessioni estorte”, è il protagonista della terza puntata della seconda stagione dedicata dal podcast Anime Nere alla strage di Erba. Scrive il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser, la cui richiesta di revisione giace ormai da due mesi inevasa nell’ufficio del capo della stessa Procura generale: «È dimostrato in modo incontrovertibile, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche successive al 2010, e sulla base degli elementi nuovi, e altri già presenti nel fascicolo processuale ma mai valutati, che le dichiarazioni auto accusatorie di Olindo Romano e Rosa Bazzi sono da considerarsi false confessioni acquiescenti».

Cosa raccontano Rosa e Olindo agli inquirenti?

La tesi del magistrato è che l’atteggiamento degli allora pm comaschi titolari del fascicolo, e che interrogarono i coniugi Romano, portarono a delle false confessioni estorte alla coppia.

Nella prima stagione di Anime Nere sulla strage di Erba vi abbiamo già parlato di quei particolari identici forniti nelle loro confessioni dagli assassini di via Diaz. Ora ve ne facciamo sentire altri sette che, da soli, smontano la suggestiva idea delle confessioni estorte.

Sia Olindo che Rosa raccontano che la missione punitiva contro l’odiata vicina di casa l’avevano non solo già pensata, ma anche già provata. Ed entrambi spiegano il motivo per cui avevano dovuto rinunciare: perché Raffaella Castagna era entrata veloce in casa. E aveva chiuso la porta a chiave.

I coniugi Romano, in due momenti differenti e in modo autonomo, raccontano - anche qui in modo assolutamente coincidente - le armi che avevano con loro: un coltello grosso da cucina per Rosa, un coltellino piccolo e una spranga per Olindo. Inoltre: finita la strage i due assassini hanno chiuso la porta di casa Castagna a chiave. Olindo racconta che è stata Rosa a chiudere a chiave. Un particolare del tutto inedito, tanto che lo stesso pubblico ministero Mariano Fadda resta stupito e chiede: “Ma avevate anche la chiave di casa Castagna?”. Rosa, come Olindo, fornirà la stessa versione del marito (senza conoscere le sue parole): chiude la porta a chiave, il marito scende, ma dal portoncino vede arrivare Valeria Cherubini di ritorno dalla passeggiata con il cane. E allora dice alla moglie di tornare su, di riaprire la porta per non essere visti.

Dettagli identici

E ancora: la notte tra l’11 e il 12 dicembre, alcune ore dopo la strage, i carabinieri di Erba bussano a casa dei Romano. Tra le tante cose che notano è un cerotto sul dito di Rosa Bazzi. La donna si è ferita. Come? Quando? Entrambi spiegano: durante l’aggressione a Valeria Cherubini. Identica anche la ricostruzione post strage. Dopo essersi spogliati nella lavanderia di casa, cambiati e dopo aver buttato via armi e vestiti imbrattati di sangue in alcuni sacchi della pattumiera, c’è da ripulirsi per bene dal sangue. Ed entrambi dicono di averlo fatto in un ruscello accanto al lavatorio di Longone al Segrino. Quindi raccontano di aver buttati i sacchi con le armi e i vestiti sporchi di sangue il primo vicino al cimitero di Longone il secondo a Lipomo. I dettagli sono identici.

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