Ticinesi domenica alle urne
Con lo spettro dei frontalieri

Svizzera al votoL’accordo fiscale e i ristorni al centro della consultazione L’alleanza in funzione anti italiana tra la Lega e l’Udc favorita nei sondaggi

Domenica i ticinesi saranno chiamati al voto: una tornata elettorale molto sentita, alla luce anche delle fibrillazioni in atto tra Italia e Svizzera per il rinnovo degli accordi fiscali e che inevitabilmente rappresenterà un test per i rapporti di forza che regolano da un lato la presenza quotidiana di molti tra i 62 mila frontalieri oggi presenti in Ticino e dall’altro il destino dei ristorni, linfa vitale per Comuni e realtà di confine.

La campagna elettorale, ormai agli sgoccioli, sarà ricordata per il “sì” all’apparentamento tra Lega e Udc nella lista che corre per il Governo. Un’unità d’intenti che potrebbe prefigurare il prepotente ritorno di due temi cari ad entrambi i partiti dai marcati tratti anti-frontalieri, ovvero interventi a gamba tesa sul tema del lavoro (delega in capo a Berna, da qui i malumori ticinesi) e giro di vite sui ristorni, per i quali il presidente del Governo cantonale, Claudio Zali, aveva già proposto di vincolarne una parte a infrastrutture da completare lungo il confine.

Tutto dipenderà non tanto dalla composizione del Consiglio di Stato (che salvo imprevisti dovrebbe ricalcare quella attuale - due i ministri in quota Lega dei Ticinesi, Claudio Zali e Norman Gobbi, a un passo dalla riconferma) quanto da chi siederà in Gran Consiglio. Già perché la curiosità sta tutta nella sfida tra Lega dei Ticinesi e Partito Liberal Radicale per diventare la prima forza politica del Ticino. Lega che grazie all’accordo elettorale quantomeno si augura una crescita importante anche dell’Udc, così da poter avere nella prossima legislatura l’ultima parola sugli argomenti forti.

Stando agli ultimi sondaggi, la lista unica Lega-Udc per il Consiglio di Stato (dunque per il Governo) veleggia oltre il 30%. Tra i ministri a un passo dalla riconferma figura anche Christian Vitta, esponente del Partito Liberal Radicale. Gli slogan e i manifesti di questa campagna elettorale - dall’ormai inossidabile “Prima i nostri” al nuovo “Ci rubano il futuro!” - lasciano intendere che, una volta insediato, il nuovo Governo si occuperà della doppia questione - frontalieri e ristorni - con grande energia.

Ma se i nostri lavoratori - pur con la flessione registrata nell’ultimo anno - non corrono grossi rischi, considerato che i vari tentativi ticinesi di delegittimare l’operato di Berna sul tema del lavoro sono naufragati senza troppi rimpianti, ben altro discorso va fatto per i ristorni e cioè per l’assegno da 83 milioni di franchi che la Svizzera ha staccato all’Italia per Comuni e realtà di confine.

Assegno su cui il Ticino ha inciso in maniera considerevole. Già nel 2011 il Governo cantonale a trazione leghista aveva congelato metà dei ristorni, facendo scattare l’allarme rosso al di qua del confine.

Ora il tema torna di stretta attualità, anche perché di sicuro il Consiglio di Stato farà pesare sui tavoli del Governo federale i 15 milioni di franchi che annualmente mancano a Bellinzona per la mancata sottoscrizione dei nuovi accordi fiscali tra Svizzera e Italia. La parola passa ora alle urne.

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